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mercoledì 28 settembre 2011

L'autunno dell'eremo. Ritornare in cella.

Questo settembre ci regala ancora splendide giornate, che prolungano l'atmosfera estiva e consentono a noi monaci di fare ancora qualche lavoro per affrontare il lungo e freddo inverno dei nostri monti.
Ma qualche segno si inizia già a vedere: le castagne sono quasi pronte, al mattino l'aria è veramente fresca, le foglie iniziano ad ingiallire.
Ci pervade un senso profondo di attesa, che rimanda ciascuno di noi a guardarsi più profondamente dentro, perchè - come l'autunno e l'inverno - è il tempo di tornare nella cella del nostro cuore, fare nuovo ordine, attendere la venuta del Signore e pregare finchè si realizzi.
La natura ci è complice: ci regala un tempo di stasi, favorevole alla permanenza in un silenzio più profondo, costruttivo, culla per un incontro di amore con Gesù Buono. Ci fa percepire il bisogno di essere scaldati da uno spirito che renda gradevole la nostra "temperatura" interiore. Ci regala colori nuovi, che parlano di passaggio a qualcosa di diverso, di ritorno alla terra, alla condizione originaria, preludio per la vita nuova, quella Eterna che non tramonta mai, che non ha bisogno di altri passaggi, mutazioni, cambiamenti...
Con Gesù vogliamo abitare con più perseveranza la nostra cella materiale e quella del cuore; renderle simili: una adattata alle nostre esigenze interiori, ordinata, accogliente, favorevole alla preghiera. L'altra ampia, misticamente spaziosa per accogliere la grandezza di Dio, per far rilucere la scintilla del sua presenza in noi, già innestata quando abbiamo cominciato ad essere.
Vorrei invitare anche tutti voi a rendere almeno un piccolo spazio della vostra casa come una piccola cella, un luogo di preghiera, un "eremino" nel quale rifugiarvi per pregare, per incontrarvi con lui e in spirito con noi. Per sorridere alla Sua presenza e provare tanta gioia e tanto amore. Per Gesù, per la Madre sua Santissima, per la Chiesa del Cielo e per tutti i fratelli che nel mondo vivranno nella luce di Dio, anche grazie alla vostra preghiera.
L'orazione dei monaci (diceva un frate che conoscevo), quella delle vergini consacrate e di tanti santi sacerdoti; così come quella di tanti laici che vivono col cuore vicino a Gesù, tiene le mani di Dio in atteggiamento di benedizione e il suo volto sorridente.
Pregate, entrate anche voi nell'autunno dell'eremo, in unione stretta.
A lode di Cristo!

Per contattare il curatore del blog, scrivere a: clausura@hotmail.it

lunedì 19 settembre 2011

Eucarestia, sacerdozio e chiesa universale.

Prima di tutto voglio scusarmi per l'assenza dal blog e dalla rete, per la lentezza a rispondere alle vostre numerose mail in questo periodo. All'eremo abbiamo fatto un periodo ancora più intenso di preghiera, di penitenza e di esercizi spirituali, durante i quali ho affidato tutti voi, lettori fissi e occasionali, a Gesù Buono e alla Madre Sua Santissima.
C'è stato spazio per pensare, riflettere, pregare il Signore per offrire a Lui i nostri pensieri e le varie situazioni che devono essere risolte, soprattutto in ciascuno di noi, al fine di essere sempre "più conformi all'immagine del Figlio Suo".
In questo periodo, celebrando la Santa Messa, mi sono soffermato sulla grandezza di questo Mistero, che allaccia insieme l'Unico Eterno Sacrificio fatto da Cristo sulla Croce ai nostri giorni, ripetendosi, riproponendosi con tutta la Sua incorrotta e incorruttibile efficacia.
Ho pensato al sacerdote, a quanto debba prepararsi prima di celebrare; in sacrestia, in quel luogo di raccoglimento offre al Signore questa azione che sta per compiere, non in nome proprio, ma della Chiesa intera; un'azione celeste che incontra il nostro oggi. E ho offerto diverse SS. Messe perchè il Cuore di Gesù custodisca e vivifichi sempre i nostri sacerdoti, ai quali dobbiamo essere affezionati, grati, vicini, collaborativi per accompagnarli nel loro ministero, che dalla Messa prende forma e alla Messa sempre ritorna.
Infatti ogni comunità esisto se e solo quando è fondata attorno alla Messa, alla Parola e al Pane spezzati; alla preghiera elevata al Padre per mezzo del Figlio, nell'azione dello Spirito, in nome della Chiesa universale: sorgente primo, intermedio e ultimo di ogni Grazia.
Abituiamo i nostri bambini a questa vicinanza, ad amare la semplicità e la solennità essenziale della Messa. Abituiamo nuovamente anche noi ad essere operai virtuosi nella Vigna del Signore.
Non disperdiamoci in mille rivoli, torniamo all'essenziale. La nuova evangelizzazione di questa nostra vecchia, stanca e distratta Europa passa prima di tutto dal capire che nella Messa, nell'Eucarestia c'è Gesù vivo, presente, operante, vicino. Anticipo anche della nostra resurrezione personale e della nuova creazione del Mondo.
Lui tornerà, un giorno. Lo ha promesso è non c'è motivo per dimenticarsi di questa promessa fondamentale. Ecco che l'Eucarestia, ripetuta domenica dopo domenica, giorno dopo giorno è anche attesa Con Lui.
E anche quando le nostre Messe sono "affollate" solo da poche donne anziane, da pochissimi uomini, da pochi giovani, non ci demoralizziamo: anche  lì c'è la Chiesa di Gesù, anche lì il Signore è presente e non è meno presente che in una grande basilica o in una parrocchia piena d'iniziative.
Figuratevi che qui all'eremo celebriamo praticamente tutto l'anno in tre e sentiamo forte la presenza di tutta la Chiesa e del Signore al quale offriamo ogni giorno la Sua Comunità.

Voglio poi salutare con tanto affetto e tanta riconoscenza (a nome di tutti i cristiani) tutti i ragazzi, più o meno giovani, che in questi giorni iniziano il primo anno di seminario, in ogni parte del mondo, soprattutto nella nostra Italia, che ha tanto bisogno di santi sacerdoti, appassionati, disponibili, fedeli.
Alcuni ragazzi li ho avvicinati, ho seguito i germi della loro vocazione; sono con loro, prego con loro e per loro, commosso dalla generosità del loro gesto.
Chiedo anche a voi di fare altrettanto e di pregare per la tenacia e la perseveranza di questi giovani. Perchè grazie a loro, anche domani, si possa spezzare il pane della Parola e dell'Eucarestia sulle nostre mense.
A lode di Cristo!

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sabato 3 settembre 2011

Stanno estromettendo Gesù dalle chiese. Di Antonio Socci

Pubblico volentieri un articolo di ANTONIO SOCCI, su quello che sta accadendo oggi anche nella nostra amata CHIESA CATTOLICA.

Stanno estromettendo Gesù dalle chiese

3 settembre 2011 / In News
Un giorno, conversando con amici, Ratzinger (ancora cardinale) se ne uscì con una battuta: “Per me una conferma della divinità della fede viene dal fatto che sopravvive a qualche milione di omelie ogni domenica”.
Se ne sentono infatti di tutti i colori. Non c’è solo il prete che – è notizia di ieri – in una basilica della Brianza diffonde una preghiera islamica in cui si inneggia ad Allah.
Ci sono quelli che consigliano la lettura di Mancuso o Augias… E si trovano “installazioni” di arte contemporanea nelle cattedrali che fanno accapponare la pelle.
D’altra parte pure i cardinali di Milano hanno dato sfogo alla “creatività”.
Leggo dal sito di Sandro Magister: “Nel 2005, l’11 maggio, per introdurre un ciclo dedicato al libro di Giobbe è stato chiamato a parlare in Duomo il professor Massimo Cacciari: oltre che sindaco di Venezia, filosofo ‘non credente’ come altri che in anni precedenti avevano preso parte a incontri promossi dal cardinale Martini col titolo, appunto, di ‘Cattedra dei non credenti’. Cacciari ha tessuto l’elogio del vivere senza fede e senza certezze”.
Insomma nelle chiese si può trovare di tutto. Tranne la centralità di Gesù Cristo.
Infatti – nella disattenzione generale – i vescovi italiani hanno estromesso dalle chiese (o almeno vistosamente allontanato dall’altare centrale e accantonato in qualche angolo) proprio Colui che ne sarebbe il legittimo “proprietario”, cioè il Figlio di Dio, presente nel Santissimo Sacramento.
Non sembri una banale battuta. Al Congresso eucaristico nazionale che si sta aprendo ad Ancona dovrebbero considerare gli effetti devastanti prodotti dall’incredibile documento della Commissione Episcopale per la liturgia del 1996 che è il vademecum in base al quale sono state progettate le nuove chiese italiane e i relativi tabernacoli, o sono state “ripensate” le chiese più antiche.
Non si capisce quale sia lo statuto teologico di cui gode una Commissione della Cei (a mio avviso nessuno). Ma la cosa singolare è questa: che nell’ambiente ecclesiastico – a partire da seminari e facoltà teologiche – trovi legioni di teologi pronti (senza alcuna ragione seria) a mettere in discussione i Vangeli (nella loro attendibilità storica) e le parole del Papa, ma se si tratta di testi partoriti dalle loro sapienti meningi, e firmati da qualche commissione episcopale, ti dicono che quelli devono essere considerati sacri e intoccabili.
Dunque in quel testo del 1996, fra le altre cose discutibili, si “consiglia vivamente” di collocare il tabernacolo non solo lontano dall’altare su cui si celebra, ma pure dalla cosiddetta area presbiterale. Relegandolo “in un luogo a parte”.
Le motivazioni – come sempre – sono apparentemente “devote”. Si dice infatti che il tabernacolo potrebbe distrarre dalla celebrazione eucaristica.
Motivazione ridicola e – nella sua enfasi sull’evento celebrativo a discapito della presenza nel tabernacolo – anche pericolosamente somigliante alle tesi di Lutero.
L’effetto inaudito di queste norme è il seguente: nelle chiese si assiste da qualche anno a un accantonamento progressivo del tabernacolo, cioè del luogo più importante della chiesa, quello in cui è presente il Signore.
Prima lo si è collocato in un posto defilato (una colonna o un altare laterale), quindi in una cappella, parzialmente visibile. Alla fine probabilmente sarà del tutto estromesso dalle chiese.
Come risulta essere nell’incredibile edificio di San Giovanni Rotondo in cui è stato portato il corpo di san Pio.
L’edificio, progettato da Renzo Piano, non ha inginocchiatoi e la figura centrale e incombente è l’enorme e spaventoso drago rosso dell’apocalisse rappresentato trionfante nell’immensa vetrata: ebbene il tabernacolo lì non c’è.
Non so a chi sia venuto in mente questo progressivo occultamento dei tabernacoli nelle chiese (che avrebbe fatto inorridire padre Pio). Esso non corrisponde affatto all’insegnamento del Concilio Vaticano II, visto che l’istruzione post-conciliare “Inter Oecumenici” del 1964 affermava che il luogo ordinario del tabernacolo deve essere l’altare maggiore.
E non piace nemmeno al Papa come si vede nell’Esortazione post sinodale “Sacramentum Caritatis” dove egli sottolinea il legame strettissimo che deve esserci fra celebrazione eucaristica e adorazione.
Sottolineatura emersa dall’XI Sinodo dei Vescovi dell’ottobre 2005 che ha richiesto la centralità ed eminenza del tabernacolo.
Basterà per tornare sulla retta via? Nient’affatto. Come dimostra il comportamento – a volte di aperta contestazione al Papa – tenuto da certi vescovi quando il suo famoso “Motu proprio” ha restaurato la libertà di celebrare anche con l’antico messale.
Purtroppo le idee sbagliate dei liturgisti “creativi” continueranno a prevalere sul papa, sul Concilio e sul Sinodo (forse faranno strada anche altre balordaggini come la “prima comunione” a 13 anni). Fa da corollario a questa estromissione di Gesù eucaristico dalle chiese, la stupefacente pratica del biglietto di ingresso istituito perfino per alcune Cattedrali. Degradate così a musei.
La protestantizzazione o la museizzazione delle chiese è un fenomeno dagli effetti spaventosi per la Chiesa Cattolica. Si dovrebbero prendere subito provvedimenti.
Per capire cosa era – e cosa dovrebbe essere – una chiesa cattolica voglio ricordare la storia di due persone significative.
La prima è Edith Stein, una donna straordinaria, filosofa agnostica, di famiglia ebrea, che divenne cattolica, si fece suora carmelitana ed è morta nel lager nazista di Auschwitz.
E’ stata proclamata santa da Giovanni Paolo II nel 1998 e nell’anno successivo compatrona d’Europa.
La Stein ha raccontato che un primo episodio che la portò verso la conversione accadde nel 1917 quando lei, giovinetta, vide una popolana, con la cesta della spesa, entrare nel Duomo di Francoforte e fermarsi per una preghiera:
“Ciò fu per me qualcosa di completamente nuovo. Nelle sinagoghe e nelle chiese protestanti, che ho frequentato, i credenti si recano alle funzioni. Qui però entrò una persona nella chiesa deserta, come se si recasse ad un intimo colloquio. Non ho mai potuto dimenticare l’accaduto”.
Lì infatti c’era Gesù eucaristico.
Un altro caso riguarda il famoso intellettuale francese André Frossard. Era il figlio del segretario del Partito comunista francese.
Era ateo, aveva vent’anni e quel giorno aveva un appuntamento con una ragazza. L’amico con cui stava camminando, essendo cattolico, gli chiese di aspettarlo qualche istante mentre entrava in una chiesa.
Dopo alcuni minuti Frossard decise di andare a chiamarlo perché aveva fretta di incontrare “la nuova fiamma”. Lo scrittore sottolinea che lui non aveva proprio nessuno dei tormenti religiosi che hanno tanti altri.
Per loro, giovani comunisti, la religione era un vecchio rottame della storia e Dio un problema “risolto in senso negativo da due o tre secoli”.
Eppure quando entrò in quella chiesa era in corso un’adorazione eucaristica e, racconta, “è allora che è accaduto l’imprevedibile”.
Dice:
“il ragazzo che ero allora non ha dimenticato lo stupore che si impadronì di lui quando, dal fondo di quella cappella, priva di particolare bellezza, vide sorgere all’improvviso davanti a sé un mondo, un altro mondo di splendore insopportabile, di densità pazzesca, la cui luce rivelava e nascondeva a un tempo la presenza di Dio, di quel Dio, di cui, un istante prima, avrebbe giurato che mai era esistito se non nell’immaginazione degli uomini; nello stesso tempo era sommerso da un’onda, da cui dilagavano insieme gioia e dolcezza, un flutto la cui potenza spezzava il cuore e di cui mai ha perso il ricordo”.
La sua vita ne fu capovolta. “Insisto. Fu un’esperienza oggettiva, fu quasi un esperimento di fisica”, ha scritto. Frossard è diventato il più celebre giornalista cattolico. In una chiesa di oggi non avrebbe incontrato il Verbo fatto carne, ma le chiacchiere di carta.
Antonio Socci
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I tempi sono cambiati (?)

Ricevo spesso mail di persone che sono profondamente attratte dalla vita monastica, dalla consacrazione totale al Signore e dal desiderio di una preghiera più incessante, devota e senza distrazioni.
Le stesse persone, molte volte, mi pongono il problema del poterlo realizzare concretamente e sistematicamente, sia perchè in molti istituti religiosi la vita si è rilassata e assomiglia profondamente a quella laica, sia perchè nella stessa comunità cristiana (parrocchie, comunità varie ecc...) si privilegia l'aggregazione allo spirito della silenziosa orazione e della ricerca della santità anche attraverso la penitenza, il digiuno, la mortificazione dei nostri sensi.
Qualche volta ho provato a proporre anche da qui alcuni di questi concetti, cercando di far capire (con i miei limiti) che la fede e l'adesione al Signore comportano alcune esigenze, che non possono essere diluite, perchè perdono sapore, consistenza, efficacia...
Alcuni, per tutta risposta, mi hanno scritto che "i tempi sono cambiati", che bisogna "adattarsi alle mutate esigenze" e che è necessario "modernizzare" anche la fede, le vocazioni, le aspirazioni...
Una sorta di "credo" modellato sulle mode, appiattito sul "sentire dei tempi", che non ha più l'originario trasporto voluto da Gesù: essere una voce che "grida nel deserto", sale per una terra insipida, luce che fa lume a tutti... essere controcorrente, non succubi o complici di mode o stili che hanno aderenza solo con la nostra voglia di essere sempre e comunque "moderni". Ma cosa vuol dire essere moderni? Per i più significa adottare uno stile sempre nuovo, che colpisca e che spezzi una presunta monotonia legata al passato. Per il vero cristiano la modernità è continuare a vivere con coerenza e fiducia uno stile spesso incompreso, aderente al Signore povero e crocifisso, senza la paura di non essere abbastanza "affascinanti" o piacevoli per chi si aspetta qualcosa di "adeguato ai tempi".
La Croce di Cristo è sempre la stessa; il Sacrificio Eucaristico è sempre lo stesso; il Discorso della Montagna è sempre lo stesso; la via stretta è sempre quella... E anche le esigenze e le necessità che si addicono ad un figlio o una figlia di Dio sono sempre quelle.
E' inutile non parlare più di sacrificio, penitenza, digiuno, risurrezione dei morti, peccato, perdono, gioia celeste, Grazia di Dio... perchè non sono accattivanti. E' alto tradimento, questo; è convenire con il falsario, con la causa di tutti i mali, con satana che la ricerca della salvezza e della santità si smantellano proprio partendo dalle basi, dalle radici, volendo ricercare solo quel che è gradevole, non quel che serve... E' la sua strategia, diciamolo con sincerità, fratelli e sorelle. Non dobbiamo essere suoi complici in questo.
Tale tentazione e tale azione non è prerogativa solo di coloro che sono fuori dalla Chiesa, ma è anche dentro la Chiesa stessa, nelle parrocchie, nei conventi, nelle comunità, negli organismi dove si progetta tanto e si prega sempre meno. Dove si chiacchera molto e si sta quasi mai davanti all'Eucarestia in ginocchio. Dove si scrive troppo e dove non si recita quasi più il Santo Rosario. Dove si fanno mille e mille iniziative (e dove circolano sempre gli stessi...) e non ci si apre alla carità missionaria popolare, insegnando nuovamente a pregare, meditando il Vangelo.
Il Santo Padre Benedetto XVI (il Signore lo sostenga sempre) si sforza di farci capire che prima di tutto dobbiamo cercare Dio nel Silenzio, nella preghiera, nell'Eucarestia, traendo la Sua Infinita Bellezza dall'arte, in particolare quella Sacra. Si è adoperato per riportare il decoro nella Liturgia, evitando improbabili innovazioni che niente hanno a che fare con il Grande Mistero che celebriamo: Eucarestia, un'azione DEL CIELO che si incontra con la nostra umanità. Non il contrario...
Voglio finire questa mia riflessione proponendo le parole di S. Alfonso ad un ragazzo in procinto di entrare nella vita religiosa. Molte persone, alle quali le ho inviate in privato, hanno soltanto detto: "Ma oggi i tempi sono cambiati...". E voi, cosa ne dite?
“Ho detto monastero di osservanza, perché se voleste entrare in qualche altro, dove si vive alla larga, è meglio che restiate in casa vostra, ed attendiate ivi a salvarvi l'anima, come meglio potrete; poiché, entrando in una comunità ove è rilassato lo spirito, vi metterete in pericolo di perdervi. Quantunque vi entraste con risoluzione di dedicarvi all'orazione, e di pensare solo a Dio; ciononostante, trascinato poi dai cattivi esempi dei compagni, e vedendovi inoltre deriso ed anche perseguitato, se non vorrete vivere a modo loro, lascerete tutte le vostre devozioni, e farete come fanno gli altri, secondo l'esperienza che se ne vede.”
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