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venerdì 28 dicembre 2012

Bambino, dove sei nato?

La nascita del Verbo di Dio ci costringe dolcemente a una revisione seria della nostra vita di cristiani.
Quanto più diciamo e intendiamo celebrare nella fede questo evento che riguarda anche la storia, tanto più siamo responsabili di una concreta conversione dei nostri costumi e del nostro agire in nome di una fede che non è una tessera politica, ma una pelle e una carne che investono in modo totale tutta la nostra persona.
E noi sappiamo il valore non ipotetico che ha la persona.
Se Dio si incarna nel ventre di una Donna e nasce nella mia storia, interpella anche me affinchè prima di tutto la mia esistenza personale si faccia portatrice di questa novità assoluta. Si, novità assoluta perchè questa "visita permanente" nel mio essere qui ed ora non mi chiede niente in cambio, è gratuita, frutto anche del "si" totale della Vergine.
A me viene chiesto di aprire la porta, cenare (dialogare in modo intimo, nella mia "casa") con Lui e fare di questa presenza l'unico vero tesoro che ho. Il resto? Il "fare"? L'organizzare? L'esserci a tutti i costi? L'apparire sempre efficiente?... Se tutto questo diventa il primo pensiero, il primo obiettivo, il primo atto di ogni mia giornata... allora no, Cristo non è ancora nato nella consapevolezza della mia crescita spirituale.
Sono ancora una mangiatoia vuota, piena di tanto fieno, di potenziale protezione e cibo, ma non destinati al Mio Signore, bensì alle bestie che di volta in volta intendono acquietare il loro brutale istinto di fame.
Essere preda di questi istinti, dover rispondere sempre e comunque a ciò che gli altri si aspettano, è la forma di costrizione psicologica più lobotomizzante e deprimente che possa esistere. E' meglio lo scontro frontale, soprattutto con se stessi, piuttosto che sentirsi perennemente in dovere di essere/esserci.
A chi giova un cristiano, un monaco, un prete così? Certo non alla costruzione del Regno di Dio, che ha bisogno di uomini e donne che riflettano Cristo. Ma ci crediamo davvero in Lui? O è solo il pretesto per essere/esserci? Se ci crediamo sono le nostre voci, occhi, atteggiamenti, mani... che lo rendono palese. Sarà la nostra preghiera a concretizzare nella Storia che ha visistato la Sua Mano Santificante. Sarà una Liturgia devota e vissuta nella carne, nella mente, nello spirito a renderLo PRESENTE, VIVO E VERO.
Ecco la nascita del Redentore.
Al Bambino dobbiamo assegnare questa forza propulsiva, altrimenti, vi assicuro, non serve a niente festeggiare questi giorni di grande giubilo. Rimane il giubilo degli attaccati al calendario, non al tempo che corre verso il suo Fine (non "la sua fine").
Bisogna convincersi che qui ci siamo per realizzare il Progetto di Dio, il Suo Mistero, non il nostro. Ecco perchè spesso siamo anche violentemente abbarbicati alle nostre strutture, idee, progetti e chi più ne ha più ne metta... umiliando il nostro spirito che chiede preghiera, preghiera, preghiera, coabitazione intima con Lui, almeno qualche misero minuto al giorno.
Non ci lasciamo trasportare da questo atteggiamento demoniaco e gettiamo ogni intenzione in Gesù, che saprà come rendere vane le azioni inutili e fecondi i progetti che aderiscono alla Sua Santa Volontà.
Buon Tempo di Natale a tutti.
Pax

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sabato 1 dicembre 2012

Avvento: Quando Lui verrà nella Gloria.

Ci siamo, fratelli e sorelle.
Ecco il tempo favorevole, le quattro settimane durante le quali la Chiesa ci invita con sollecitudine a fare nostra la speranza e a rendere concreta l'attesa.
Ma attesa di cosa? Di una bella festa? Di un clima particolarmente sdolcinato, tale da rendere tutto fiabesco, bello, unico?
No, fratelli e sorelle. Questo non è l'Avvento del Cristiano, del battezzato in Cristo. Il Battezzato, in queste quattro settimane, compie un duplice percorso, che - se vissuto nel suo significato più profondo - è capace di stanare la nostra pigrizia e di far emergere finalmente tutta la dinamicità dello Spirito, che ci fa immagine e somiglianza di Dio.
Il primo percorso è quello verso la memoria liturgica della Nascita nella nostra Storia, nel nostro sangue e nella nostra carne del Salvatore. E noi sappiamo bene che la "memoria liturgica" non è affatto un ricordo: le parole possono trarci in inganno. Noi celebreremo la Nascita del Salvatore da Maria Vergine tutta Santa nel contesto dell'Eucarestia, che è un "qui ed ora" del Sacrificio sublime di Cristo, nel quale leggiamo, viviamo, facciamo nostro nella realtà più chiara e vera il Mistero della Natività.
Il secondo cammino ci interpella nel profondo, fa appello alla nostra onestà e alla maturità della nostra fede: in queste quattro settimane siamo chiamati con chiarezza a incentivare la nostra attesa nel Signore che tornerà una SECONDA VOLTA, glorioso, quando Lui vorrà. Tornerà nel nostro Tempo, nel nostro sangue e nella nostra carne, non più soggetto alla caducità tipicamente nostra, per elevare coloro che troverà degni (dei vivi e dei morti) alla cittadinanza del Regno dei Cieli. Lo diciamo anche nel Credo "...e di nuovo verrà nella gloria per giudicare i vivi e i morti e il Suo Regno non avrà fine".
Questo è l'Avvento che celebriamo.
Non lo sapevate, fratelli e sorelle? Noi attendiamo il ritorno di Cristo! E' la fede della Chiesa, annunciata da Gesù, creduta da sempre.
Si, è vero. Non se ne parla praticamente mai. In tante nostre chiese, parrocchie, comunità c'è tutto... tranne che "il Padrone di casa" e il Suo Messaggio. Tornerà, ce l'ha detto Lui.
Attendiamolo con fede, non omologhiamoci a questi tempi che ridicolizzano la nostra attesa.
Maranatha! Vieni, Signore Gesù!
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giovedì 1 novembre 2012

Cittadini del Cielo

La Solennità di oggi, se vissuta con la dovuta attenzione e con il cuore aperto e disponibile, ci spinge a considerare l'eternità e la beatitudine del Cielo, verso la quale il cristiano è naturalmente spinto, considerando la città terrena come luogo di passaggio.
Già nella "Lettera a Diogneto", frutto dei primissimi anni del cristianesimo, i seguaci di Gesù venivano tratteggiati come persone rispettose della legge, degli usi e dei costumi leciti del posto dove abitavano, ma gente che considerava la loro vera patria il Cielo, la vita eterna.
I Santi, che hanno aderito in modo sublime al Vangelo di Cristo, oggi ci indicano la loro vita eterna nella Luce come traguardo di ogni nostra fatica umana.
Essi non sono lontani dal nostro vivere quotidiano, sono Chiesa con e per noi. Li invochiamo nei momenti più solenni della vita cristiana, come ad esempio nelle sacre ordinazioni o nelle professioni; a loro chiediamo di assisterci coralmente quando presentiamo un figlio o una figlia che si consacrano attraverso il vincolo di quell'Amore che non chiede niente in cambio.
Sono loro che si sono trasformati in dita puntate verso il Signore Risorto, ciascuno seguendo una propria via, sviluppando un carisma particolare. Come non pensare ai Martiri dei primi secoli e a quelli di ogni tempo (e anche di oggi), che attraverso l'accettazione cruenta del dolore e della morte hanno reso onore e testimoniato Cristo nel silenzio straziante della rinuncia totale della sicurezza. O come dimenticare i Santi pastori, vescovi, preti, religiosi e diaconi, che si sono spesi per pascere con zelo e ardore il popolo di Dio loro affidato, mettendo al primo posto il bene del gregge e delle singole pecore.
O come non comprendere l'eroico sacrificio dei Santi che, attraverso l'umiltà profonda, il silenzio e la separazione dal mondo, hanno costruito ponti indistruttibili verso l'Eterno, unico bene in una selva di inutili proiezioni e illusioni autoreferenziali.
Cerchiamo la compagnia e l'esempio dei Santi. Capiremo che è assurdo non preoccuparci del Cielo e non considerare verso quale meta siamo incamminati. Ci accorgeremo in breve che è da pazzi compiere passi lesti verso il purgatorio o l'inferno, dove l'assenza di Dio, del Sommo Bene è l'atrocità più grande.
Non compiamo la scelleratezza di accompagnarci anche negli usi più comuni al nemico satanico, che sa bene come insiunuarsi nella mente umana facendosi traghettare da comportamenti e convinzioni apparentemente normali, concepiti come frutto dei tempi, quando invece sono solo frutto dell'illusione perversa da lui ispirata e concimata dallo sterco umano.
Vantiamoci solo con il Signore di essere in Sua compagnia e di far vibrare nel segreto della nostra cella interiore la nostra anima al contatto con la Sua presenza.
Allora si, faremo esperienza anticipata della Chiesa celeste e della dolcezza del canto angelico, dove tra i Santi regna Maria Santissima, prima tra tutti i credenti, Santa tra i Santi, illuminata dalla pura Luce dell'Agnello Immolato.
A lode di Cristo!

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sabato 6 ottobre 2012

Memoria di San Bruno di Colonia

Oggi la Chiesa ricorda nella Liturgia e nel profondo del suo vissuto SAN BRUNO DI COLONIA, fondatore dei monaci certosini.
A questo sacerdote, che scelse il Silenzio e la Solitudine come condizioni nelle quali farsi riempire totalmente dalla Presenza di Dio, salga la nostra umile e accorata preghiera, perchè sia intercessore di tutti coloro che vivono nella dispersione di questi nostri giorni.
Con occhio ammirato guardiamo a San Bruno e alla vocazione alla quale corrispose con slancio e generosità, senza farsi incatenare dalle seduzioni del suo tempo.
Scelse invece di farsi sedurre da quel Signore che, nel Suo profondo Mistero, sorride a chi riesce a lanciarsi nell'abisso del Suo Amore.
Se crediamo a Dio, crediamo al Suo Amore; se crediamo al Suo Amore non dobbiamo aver paura di lanciarci.
San Bruno di Colonia, prega per noi!

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venerdì 21 settembre 2012

Ho pianto perchè tu eri in me.

Carissimi fratelli e sorelle lettori del blog,
Mi scuso per questa lunga assenza, dovuta ad incombenze e anche ad un sano distacco che è del tutto necessario.
Oggi vorrei farvi partecipi della testimonianza che un giovane amico, in ricerca vocazionale, ma anche travagliato da diversi problemi materiali della sua famiglia, mi ha voluto consegnare. E' la "fotografia" di un momento straordinario in un periodo della sua esistenza che riteneva essere arido e lontano da Dio.
"Domenica scorsa, veramente contro voglia perchè sono in un momento di rilassamento interiore, sono stato letteralmente trascinato al Santuario di (...). Siamo partiti presto al mattino, quando ancora non era giorno e siamo arrivati in questo luogo così particolare mentre un improvviso acquazzone salutava la nuova giornata che si apriva al suono delle campane. La mia testa era lontana da quel luogo, sto cercando di dipanare tanti problemi che mi stanno tenendo legato ad una vita che non è la mia e soffro tanto, perchè devo far quadrare ogni giorno, mettendo insieme tante piccole tessere che non sono io a tagliare o a colorare.
Faccio un giro solitario per quel luogo e mi imbatto in angoli, immagini, posti, profumi che mi ricordano un passato indubbiamente più spensierato, lontano anni luce dall'attualità della mia esistenza; anni in cui la gioia irrompeva nel mio cuore, colmando la mia interiorità con la bellezza di un incontro palpabile con Lui; realtà adesso così lontana.
A metà mattinata anche io vado alla S. Messa, che viene celebrata da un anziano sacerdote, con un passato indubbiamente significativo. All'apparenza burbero, al momento dell'omelia si rivela in tutta la sua dolcezza e umanità: due doti che non utilizza per farsi compiacere dai fedeli, ma per penetrare con uno sguardo dirozzato da inutili fardelli la Parola di Dio di quel giorno.
Vengo rapito da quello snodarsi di intuizioni ed esperienze portate anche alla mia piccola e povera attenzione.
La S. Messa prosegue, si offrono i doni e dentro di me nasce spontanea una frase, che ripeto anche con le labbra, in modo impercettibile: Signore, con questi doni ti offro anche le mie pene, i miei giorni e tutto quel che sento. Fai tu, prendile e rendile tue.
Quando arriva il momento della consacrazione io non sono più lì: non so dove mi trovo con la testa, ho la sensazione di essere sull'altare con il pane e il vino.
Arriva il momento della comunione e anche io mi incammino verso il ministro che distribuisce l'Eucarestia: mi inchino quando la persona davanti a me riceve il Signore e diventa Suo Tempio e poi anche io ricevo la particola.
Quando torno al mio posto mi siedo e mi raccolgo: non passano che pochi secondi e mi sento invadere da un qualcosa che smuove il cemento di questi giorni così aridi. I miei occhi non riescono a trattenere le lacrime e sento salire la commozione per un incontro che non speravo più di avvertire con questa forza.
Non ho bisogno di prove del fatto che Tu ci sei.
Ho bisogno di sentirti così e di viverti nel profondo. Ma so benissimo che anche quando non ti sento tu susciti in me forza e consolazione. Si, consolazione. Anche io ne ho bisogno e in quella occasione ho potuto avvertire la Tua mano che mi ha accarezzato e ha voluto infrangere i sigilli di una porta chiusa, apparentemente blindata a tutto.
Grazie, Signore Gesù. Il Tuo sacrificio salvifico mi ha donato ciò che gli Angeli Santi gustano in eterno e che anche io spero di possedere alla fine dei miei giorni".

Cosa dire, carissimi.
Facciamoci tutti disponibili ad accogliere il Signore nel nostro cuore e a farci vibrare al tocco delle Sue dita.

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sabato 25 agosto 2012

Il Regno di Dio è dei violenti


Nel capitolo 11 del Vangelo di Matteo (vers. 12), Gesù usa un'espressione molto forte, forte come tutto il discorso che lo vede protagonista durante un suo insegnamento: "...il regno dei cieli soffre violenza e i violenti se ne impadroniscono".
Parole apparentemente incomprensibili e, a prima vista, controtendenza rispetto ad un'idea comune che si ha di questo "Regno" e dei suoi "abitanti".
Ma Gesù intende puntare il dito su una realtà che oggi risulta essere scomoda e inconciliabile con lo stile di vita assunto da tanti, troppi cristiani, battezzati, sedicenti "praticanti". Ed è altrettanto peccaminoso il nostro silenzio di pastori, religiosi, fedeli laici impegnati, così come peccaminoso è non far niente per testimoniare l'esigenza di una prassi cristiana davvero diversa.
Gesù, ancora una volta, dice che la porta per entrare nel Regno dei Cieli (quindi per farsi tutto luce) è stretta; in altre parole c'è bisogno di affinare la nostra interiorità, anche attraverso la mortificazione dei sensi, delle passioni sregolate, dei moti disordinati dell'anima e del corpo.
In altre parole, e per fare assonanza con questa espressione forte del Signore, C'E' BISOGNO DI FARE VIOLENZA A SE STESSI.
Se prendete in mano "L'imitazione di Cristo", il bellissimo libriccino medioevale, ma così attuale da essere sconvolgente, vedere che l'ignoto autore (con tutta probabilità un monaco) indica un percorso chiaro nell'ascesi cristiana: rinunciare a se stessi, non tenersi in alcuna considerazione, mortificare i sensi quando tentano di appesantire la liberazione dell'anima, obbedire e mettere in Cristo ogni speranza e ogni necessità.
E l'autore desume questo non certo dalla sua fantasia o dai suoi gusti, ma dallo stesso Vangelo di Cristo, che indica proprio questo percorso come L'UNICO che salva.
Non è certo un percorso per pochi eletti, scampati dalle spire del mondo, ma è per tutti, perchè ciascuno è chiamato a farsi tutta luce. Chi più avrà combattuto questa battaglia, tanto più sarà progredito nel bene. Chi più avrà affrontato avversità, situazioni impossibili, ostacoli invalicabili, tanto più godrà della pace del Signore dal giorno in cui si presenterà al suo giudizio.
Come conciliare questa chiara indicazione di Gesù con tante espressioni della Chiesa di oggi? La risposta non sta a me darla, ma nei fatti si legge. Come cristiani non abbiamo il dovere di essere solo critici, ma di testimoniare una diversità nello stile di vita del credente, che non è solo possibile, ma doverosa.
Siamo Chiesa, prima di tutto, quando CREDIAMO che Gesù è Dio fatto uomo, RISORTO dai morti e che - come Lui - anche noi risorgeremo. Siamo Chiesa quando CREDIAMO che subito dopo la nostra personale morte ci sarà il nostro GIUDIZIO particolare e che lì sarà tirata la somma del nostro progresso spirituale o della nostra negligenza.
Lo so, molti diranno che queste "sono cose di altri tempi, anacronistiche, vecchie e sensa senso". Allora diciamo anche che Dio è roba di altri tempi? Non credo sia possibile. Questa è la scusa che il maligno, il nemico di sempre, innesta nella mentalità delle persone, soprattutto dei battezzati, per farli essere molli e negativamente rilassati nei confronti delle esigenze della propria fede. Così facendo ha buon gioco lui, che vuole proprio da parte nostra una fede superficiale e la malefica convinzione che certe cose non contano più, non sono da considerare, non sono per i nostri tempi. Perchè, i nostri tempi hanno modificato Dio? Fratelli, sorelle, svegliamoci. Inferno, Purgatorio e Paradiso sono realtà; il peccato è una realtà, così come il Perdono del Signore mostrando il nostro cuore pentito e vivendo con costanza la vita sacramentale.
A lode di Cristo!

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mercoledì 11 luglio 2012

San Benedetto da Norcia, 11 luglio

Oggi la Chiesa celebra la Festa di S. Benedetto Abate, patrono dell'Europa, padre del monachesimo in occidente.
Sull'esempio dei Santi Padri del deserto, che nell'oriente cristiano vivevano in silenzio e solitudine, alla continua ricerca del più profondo dialogo con Dio, Benedetto lascia la sua vita ordinaria per vivere un intenso periodo di solitudine: essa diventa anche percorso di vera conversione alla Parola e alla necessità della purificazione interiore.
Nasce da qui l'idea della totale consacrazione e dedizione a Dio, sia nella preghiera, così come nello studio e nel lavoro e da questi tre pilastri nasce la Regola, testo fondamentale non solo per i monaci di tutti i tempi, ma anche per i cristiani e tutti coloro che intendono mettersi in ascolto della voce di Dio.
Da quel lontano VI secolo (periodo di tumulti e sconvolgimenti epocali) i monaci hanno fecondato non soltanto l'orizzonte ecclesiale, ma l'intero tessuto sociale europeo, alla formazione del quale hanno concretamente contribuito con l'esempio e l'azione, con l'insegnamento pratico e con lo spirito di inculturazione rispettosa delle varie identità.
Il monaco, ieri come oggi, è un monito, oltre che essere uomo/donna di preghiera per se e per il mondo intero.
Al monaco dobbiamo il continuo monito di cui abbiamo biosogno come cristiani: chi potrei essere io senza Dio? Come potrei essere io senza mettere nel conto della mia vita Dio? Di cosa posso riempirmi di fondamentale se non lascio posto a Dio?
Nella dimensione del silenzio, della solitudine, dell'abbandono fiducioso il monaco si rende "nulla" per essere "tutto" in Dio. E per portare Dio a tutti coloro che - magari - nemmeno sanno cosa sia un monastero, un eremo, una cella, la clausura, l'Opera di Dio.
Ringraziamo con gioia il Signore per il dono di San Benedetto e di tutti i patriarchi del monachesimo cenobitico ed eremitico; e ringraziamo il Signore per i monaci di ieri e di oggi, chiedendo a Lui solo di renderli interiormente fuoco che arde d'amore ed esteriormente "cristalli limpidi" attraverso i quali possiamo intravedere la realtà beata del ritorno del Signore.
A lode di Cristo!

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lunedì 25 giugno 2012

Vuoi dettare condizioni a Dio?

Spesso, dovendo scegliere cosa fare nella vita e, nel nostro caso, dovendo rispondere con un "si" o con un "no" al Signore, si frappongono tanti pensieri; alcuni sono umanamente comprensibili, altri lasciano veramente trasparire la loro origine, tutt'altro che naturale e spontanea.
Quante volte ho sentito giovani che erano in discernimento titubare perchè...perchè... perchè... Essere indecisi in quanto falcidiati nella bellezza di quella loro esperienza di scoperta da mille dubbi, essenzialmente dettati non tanto dalla paura di "affrontare" qualcosa di grande e di impegnativo, ma da quella più subdola di "perdere" qualcosa o di fare "un passo azzardato".
La prudenza è una virtù di biblica raccomandazione; quando questa diventa eccessiva si corre il rischio di aprire non una porta, ma una voragine all'ingresso della più perfida tentazione demoniaca: l'indecisione per Dio.
Infatti, com'è possibile non rispondere prontamente se anche soltanto percepiamo che il Signore Buono vuole qualcosa da noi e lo vuole direttamente da noi?
Com'è spiegabile che siamo noi a "dettare condizioni" a Dio, quando Lui per primo ci detta l'unica condizione, che è quella di unirsi in special modo al Suo Amore Infinito?
Ci sono moti dell'anima che diventano sregolati perchè la nostra forza interiore e il nostro coraggio cedono il passo all'anticamera delle più perfide menzogne esistenziali; leggendo il racconto della tentazione e della caduta in Genesi, riecheggia spesso nelle nostre teste quel "non è vero!" che il serpente oppone alla donna, quando ella tenta di dire il "perchè" non avrebbe dovuto trasgredire ad un preciso comando di Dio.
Quel Dio infinito, che allestisce il "giardino" del patto con la sua creatura, chiede all'uomo e alla donna di ogni tempo di rispettare un'ordine che non è capriccioso; lo invita a sostare sul suo piano esistenziale per non farlo diventare ciò a cui non è mai stato destinato. La lusinga del serpente riesce a coprire questo invito amoroso di Dio: "Non è vero!".
Quanti ragazzi e quante ragazze chiamati dal Signore a seguirlo, ad incamminarsi verso il Nuovo Albero della Vita sentono riecheggiare nella propria testa quel terribile e tetro "Non è vero!".
Creatura poco forte e poco coraggiosa, cosa non è vero? Non è vero che il Signore ti ha voluto da sempre e che ti ama di un amore diretto solo a te? Non è vero che se ti chiama ti dà anche gli strumenti per seguirlo portando frutti di Grazia? Non è vero che la Sua Presenza colmerà ogni vuoto se tu sarai capace di fare solitudine delle cose inutili attorno a te? Non è vero che Lui muove i sentimenti del tuo cuore e che lo vuole abitare per non farlo invecchiare mai?
Siamo veramente stolti, come le vergini poco sagge che non riempirono le loro lampade di olio, in attesa del ritorno dello sposo...
E' vero, farsi coraggio non è mai semplice; ma una via esiste: farsi bambini, fidarsi come il bambino fa della mamma. Tu, Dio, che mi conosci nel profondo, che "mi hai tessuto nelle profondità della terra" quando ancora di me non esisteva nemmeno l'idea tra i miei genitori, concedimi la grazia di dire un "si" coraggioso; sicuramente limitato nei miei poveri strumenti, ma pieno di commuovente slancio verso di te e le tue braccia spalancate.
A lode di Cristo!


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lunedì 18 giugno 2012

L'inferno è anche perdere tempo nello scegliere.

Il post che ho pubblicato ieri sulla scelta, polarizzato particolarmente su due pilastri di un certo ideale monastico (Silenzio e Solitudine), da concepire nella loro giusta accezione, ha mosso molti a scrivermi per chiedere indicazioni circa esperienze vocazionali; questa è una grazia di Dio, perchè ci sono ancora tanti giovani che desiderano interrogarsi assieme al Signore sul loro futuro stato di vita.

Ma quello che mi ha colpito maggiormente è stato ricevere tante e tante mail da persone che, arrivate ad una certa età, si sono rammaricate con tristezza, angoscia e frustrazione per non aver risposto in tempo all'invito del Maestro a seguirli e a vivere con Lui, per Lui solo.
Progetti di vita che sono stati stroncati dai continui rimandi perchè è mancato il coraggio di tuffarsi pienamente nell'abisso di Dio; o da genitori "disperati" per la "perdita" di un figlio o una figlia dietro una scelta così "assurda"; o da situazioni che non si è stati capaci di governare.
Tutte queste persone, arrivate a soglie di età ove non è più possibile scegliere di entrare in monastero, sono disperate e ricordano con triste nostalgia il tempo in cui potevano lanciarsi in questa bellissima avventura.

Vorrei dire alcune cose al riguardo.
- Gettarsi nell'abisso di Dio non è un'avventura fatta da incoscienti; per chi ha fede, Dio è un Padre Buono che vuole solo il bene dei suoi figli. Affidarsi, gettarsi nel suo Tu non significa "rischiare", secondo i parametri umani, ma affidarsi con atteggiamento di bimbo alle sue cure, che non mancano mai, nella concretezza della vita.
- Il Signore non obbliga nessuno a seguirlo lungo una strada, piuttosto che un'altra. Interiormente e attraverso i segni tangibili della vita ci fa percepire cosa sia meglio per noi; il Suo progetto è anche nostro ed è fatto sulla nostra persona, sulla nostra anima. E' un progetto unico, irripetibile, personalizzato, che è per il nostro bene. Nella vita è possibile fare altre scelte, ma parlando chairamente, non saranno mai così buone per noi come il progetto che Dio ha fatto, ma che non impone.
- Purtroppo ragioniamo utilizzando categorie comuni, diventate ormai normali, ma che nascono dalla visione solo orizzontale della vita: genitori che si disperano per la "perdita" di un figlio, di una figlia che entrano in convento, in monastero, in seminario o che vanno in missione. Magari genitori "cattolici", che vanno a Messa; che hanno mandato i figli a catechismo, che gli hanno fatto fare Prima Comunione e Cresima; che si accostano alla Confessione... che quando arriva la benedizione delle famiglie lustrano la casa e fanno una bella offera al parroco... Ma dov'è l'adesione al Vangelo? Dov'è la fede? E' paradossale dirsi cristiani e considerare "perso" un figlio che sceglie il Signore. Dove sono state messe quelle indimenticabili pagine del Vangelo dove il Signore, a più riprese, chiama i suoi in disparte per ammirare la Sua Gloria, o dove chiede al giovane ricco di seguirlo per entrare nella "perfezione" concepita da Dio? E potremmo continuare. Questi genitori così particolari, operando in questo modo, assecondano non solo un istinto puramente egoista, ma tramite questo facilitano l'azione del demonio, che vuole proprio questo. Cosa deve fare un figlio o una figlia? Fermarsi al giudizio restrittivo di questi genitori? Li consiglio di affidarsi ad un santo sacerdote, meglio se un religioso; di non parlare mai con nessuno della propria vocazione finchè non ci sia certezza e di progettare la crescita vocazione e l'adesione ad un particolare stato di vita con discrezione, senza fare dannosa pubblicità.
- Con questo non voglio assolutamente dire che il matrimonio sia una scelta secondaria per importanza. Anzi, tutt'altro. Anch'essa è una vocazione che Dio scrive nel cuore e nella sensibilità di molti. Ma quando diventa un ripiego per una vita destinata ad altro, spesso diventa un calvario insopportabile, con conseguenze spesso non felici.
- Per pensare a cosa fare è necessario prima di tutto fare luce su se stessi, pregare e "rientrare" dentro il proprio cuore. Quello è il luogo privilegiato dell'incontro con Dio che parla, non altre situazioni; non vi affidate a un'ipotetico domani. Perchè di domani in domani il tempo passa e sopraggiunge come una tragedia l'età in cui non è più possibile realizzare niente di concreto, se non situazioni palliative.
Preghiamo, fratelli. Sempre.
Ma prendiamo anche il coraggio a due mani. Il Signore "vuole il cuore giovane per renderlo tale da non farlo invecchiare mai".
A lode di Cristo!
Pax.

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domenica 17 giugno 2012

Per te che stai per scegliere...

Carissimi,
Continuando in modo semplice ad esortare alla Solitudine e al Silenzio, come vie che conducono all'intimo colloquio con il Signore, e a scegliere lo stato di vita monastico e/o eremitico se si sente nel cuore il desiderio di appartenere solo a Dio, oggi voglio invitarvi a leggere "nella quiete dell'anima" il capitolo XX del I L. de "L'imitazione di Cristo".
Lo riporto volentieri qui sotto, perchè a ciascuno di coloro che si sentono particolarmente attratti verso il multiforme deserti monastico arrivi una parola di sostegno che ha attraversato oltre dieci secoli di storia cristiana.
Dobbiamo infatti ricordare che questo piccolo libro ha rappresentato un punto di riferimento per generazioni e generazioni di monaci, monache, sacerdoti e fedeli cristiani, che hanno trovato qui la concretizzazione della Parola di Dio, Immutabile nei Secoli.
Quindi, per te che sei sul crinale della scelta e che ti senti turbato dal dubbio (normalmente presente nella natura umana) queste parole che seguono sono un'indicazione quanto mai opportuna per capire che Gesù non ti chiama al nulla o alla tristezza, ma a spogliarti di te stesso e a rivestire con Lui la nuova umanità che ha preparato per te; non per altri, ma per te. Perchè il Suo progetto è originale, unico e irripetibile per ogni persona.
Non aver paura di farti ammaestrare dalla Sua Presenza nella casa del Silenzio e della Solitudine e soprattutto non cadere nel tranello del mondo, che traduce queste due parole con due significati altamente negativi: tristezza e vuoto. No! Solitudine e Silenzio di ciò che non ci serve, ma che ci guasta; Silenzio delle situazioni che ci allontanano da Dio e che progressivamente ci avvicinano all'inferno, del quale, il mondo d'oggi non vuol sentire parlare, perchè - intimamente - non lo conosce e se lo conosce ne ha paura, tanto da cacciarlo dal suo raggio di possibilità.
Silenzio e Solitudine sono il luogo e la condizione privilegiata per incontrare concretamente Gesù, in compagnia di Maria e dei Santi, che hanno sperimentato la dolcezza dell'Amore di Dio.
Nel Silenzio e nella Solitudine impari a spogliarti del tuo egoismo e a fare come il seme: morire per germogliare nuovo e pieno di frutto; non solo a vantaggio e beneficio tuo, ma anche per tutti quei fratelli e quelle sorelle che non ti conosceranno mai, perchè non potranno mai partecipare della tua vita, ma che trarranno beneficio oggi come domani dalle preghiere di te e dei tanti monaci sparsi in tutto il mondo. Uomini e donne dei quali nessuno sa niente, tanto meno il nome. Anonimi sulla terra, operai nel vigna, anticipatori della bellezza del Regno dei Cieli.
L'AMORE DELLA SOLITUDINE E DEL SILENZIO

1. Cerca il tempo adatto per pensare a te e rifletti frequentemente sui benefici che vengono da Dio. Tralascia ogni cosa umanamente attraente; medita argomenti che ti assicurino una compunzione di spirito, piuttosto che un modo qualsiasi di occuparti. Un sufficiente spazio di tempo, adatto per dedicarti a buone meditazioni, lo troverai rinunciando a fare discorsi inutilmente oziosi e ad ascoltare chiacchiere sugli avvenimenti del giorno. I più grandi santi evitavano, per quanto possibile, di stare con la gente e preferivano stare appartati, al servizio di Dio. E' stato detto: ogni volta che andai tra gli uomini ne ritornai meno uomo di prima (Seneca, Epist. VII, 3). E ne facciamo spesso esperienza, quando stiamo a lungo a parlare con altri. Tacere del tutto è più facile che evitare le intemperanze del discorrere, come è più facile stare chiuso in casa che sapersi convenientemente controllare fuori casa. Perciò colui che vuole giungere alla spiritualità interiore, deve, insieme con Gesù, ritirarsi dalla gente. Soltanto chi ama il nascondimento sta in mezzo alla gente senza errare; soltanto chi ama il silenzio parla senza vaneggiare; soltanto chi ama la sottomissione eccelle senza sbagliare; soltanto chi ama obbedire comanda senza sgarrare; soltanto colui che è certo della sua buona coscienza possiede gioia perfetta.

2. Però, anche nei santi, questo senso di sicurezza ebbe fondamento nel timore di Dio. Essi brillarono per straordinarie virtù e per grazia, ma non per questo furono meno fervorosi e intimamente umili. Il senso di sicurezza dei cattivi scaturisce, invece, dalla superbia e dalla presunzione; e , alla fine, si muta in inganno di se stessi. Non sperare di avere sicurezza in questo mondo, anche se sei ritenuto buon monaco o eremita devoto; spesso, infatti, coloro che sembravano eccellenti agli occhi degli uomini sono stati messi nelle più gravi difficoltà. Per molte persone è meglio dunque non essere del tutto esenti da tentazioni ed avere sovente da lottare contro di queste, affinché non siamo troppo sicure di sé, non abbiamo per caso a montare in superbia o addirittura a volgersi sfrenatamente a gioie terrene. Quale buona coscienza manterrebbe colui che non andasse mai cercando le gioie passeggere e non si lasciasse prendere dal mondo! Quale grande pace, quale serenità avrebbe colui che sapesse stroncare ogni vano pensiero, meditando soltanto intorno a ciò che attiene a Dio e alla salute dell'anima, e ponendo ben fissa ogni sua speranza in Dio! Nessuno sarà degno del gaudio celeste, se non avrà sottoposto pazientemente se stesso al pungolo spirituale. Ora, se tu vuoi sentire dal profondo del cuore questo pungolo, ritirati nella tua stanza, lasciando fuori il tumulto del mondo, come sta scritto: pungolate voi stessi, nelle vostre stanze (Sal 4,4). Quello che fuori, per lo più, vai perdendo, lo troverai nella tua cella; la quale diventa via via sempre più cara, mentre reca noi soltanto a chi vi sta di mal animo. Se, fin dall'inizio della tua venuta in convento, starai nella tua cella, e la custodirai con buona disposizione d'animo, essa diventerà per te un'amica diletta e un conforto molto gradito.

3. Nel silenzio e nella quiete l'anima devota progredisce e apprende il significato nascosto delle Scritture; nel silenzio e nella quiete trova fiumi di lacrime per nettarsi e purificarsi ogni notte, e diventa tanto più intima al suo creatore quanto più sta lontana da ogni chiasso mondano. Se, dunque, uno si sottrae a conoscenti e ad amici, gli si farà vicino Iddio, con gli angeli santi. E' cosa migliore starsene appartato a curare il proprio perfezionamento, che fare miracoli, dimenticando se stessi. Cosa lodevole, per colui che vive in convento, andar fuori di rado, evitare di apparire, persino schivare la gente. Perché mai vuoi vedere ciò che non puoi avere? "Il mondo passa, e passano i suoi desideri" (1Gv 2,17). I desideri dei sensi portano a vagare con la mente; ma, passato il momento, che cosa ne ricavi se non un peso sulla coscienza e una profonda dissipazione? Un'uscita piena di gioia prepara spesso un ritorno pieno di tristezza; una veglia piena di letizia rende l'indomani pieno di amarezza; ogni godimento della carne penetra con dolcezza, ma alla fine morde e uccide. Che cosa puoi vedere fuori del monastero, che qui tu non veda? Ecco, qui hai il cielo e la terra e tutti glie elementi dai quali sono tratte tutte le cose. Che cosa altrove potrai vedere, che possa durare a lungo sotto questo sole? Forse credi di poterti saziare pienamente; ma a ciò non giungerai. Ché, se anche tu vedessi tutte le cose di questo mondo, che cosa sarebbe questo, se non un sogno senza consistenza? Leva i tuoi occhi in alto, a Dio, e prega per i tuoi peccati e per le tue mancanze. Lascia le vanità alla gente vana; e tu attendi invece a quello che ti ha comandato Iddio. Chiudi dietro di te la tua porta, chiama a te Gesù, il tuo diletto, e resta con lui nella cella; ché una sì grande pace altrove non la troverai. Se tu non uscirai e nulla sentirai dal chiasso mondano, resterai più facilmente in una pace perfetta. E poiché talvolta sentire cose nuove reca piacere, occorre che tu sappia sopportare il conseguente turbamento dell'animo.
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sabato 16 giugno 2012

Non lasciare che il domani ti condanni alla tristezza. La scelta.

Oggi vorrei soffermarmi sulla Parola che condivideremo in questa XI Domenica del Tempo Ordinario. All'inizio di questa estate (per molti segno di distrazione totale, anche dalla Presenza di Dio) il Vangelo ci ammonisce in modo chiaro: "...e quando il frutto è maturo, subito egli manda la falce, perché è arrivata la mietitura". Il Regno di Dio non è opera di un'utopia, di un bel sentimento; è l'opera del contadino che semina.
E il seme, "caduto in terra muore". Solo grazie a questa morte apparente può produrre molto frutto.
In questa logica rivedo la donazione che molte anime generose fanno di loro stesse al Signore, avviandosi per la via del monachesimo, della contemplazione, della progressiva totale unione a Dio nella Preghiera, nel Silenzio, nella Solitudine.
Il mondo non capisce questa logica virtuosa; non fa niente, è scritta nel Cuore stesso di Cristo, che ieri abbiamo festeggiato come Fonte Eterna di Misericordia Infinita.
Il mondo non sa che cosa voglia dire seguire il Signore rinunciando a TUTTO di se stessi: non comprende che è un ritrovare se stessi in una forma ancora superiore, più cosciente, più piena, ancora maggiormente consapevole.
Il mondo non sa che cosa voglia dire "spogliarsi per rivestirsi" di novità assoluta, di Amore e di Carità.
Il mondo segue un "monachesimo" alternativo, nel caos, nella condivisione forzata di ciò che dovrebbe rimanere intimo; nella proliferazione delle forme dispersive che mettono in saldo qualsiasi aspetto anche prezioso dell'interiorità umana.
Al mondo piace disgregare e puntare i fari su particolari e "valori" (disvalori) che - a sua logica - valorizzano le particolarità, anche le più abiette per renderle distintive di caratteri che non sono universali, non servono alla dignità, non valorizzano il tesoro che ciascuno ha dentro.
Tu, fratello o sorella che leggi, sai che dentro hai un tesoro di talenti messo da Dio? Ti sei mai posto questa domanda con serietà? Cosa fai per renderlo fruttifero? Per farlo emergere?
Se senti che il Signore ti chiama ad un "colloquio" più personale, intimo, continuativo... non avere paura... Gettati nell'abisso di Dio e non indugiare tra i lacci del mondo, che a lungo andare ti creeranno solo frustrazione e senso di smarrimento.
Ho conosciuto tante persone che, arrivate ad una certa età, si sono pentite di non aver spiccato il volo.
Io prego anche per te, perchè non accada la stessa cosa alla Tua Anima.
A lode di Cristo!



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domenica 27 maggio 2012


Sequenza
Vieni, Santo Spirito,
manda a noi dal cielo
un raggio della tua luce.
Veni, Sancte Spíritus,
et emítte cǽlitus
lucis tuæ rádium.
Vieni, padre dei poveri,
vieni, datore dei doni,
vieni, luce dei cuori.
Veni, pater páuperum,
veni, dator múnerum,
veni, lumen córdium.
Consolatore perfetto,
ospite dolce dell'anima,
dolcissimo sollievo.
Consolátor óptime,
dulcis hospes ánimæ,
dulce refrigérium.
Nella fatica, riposo,
nella calura, riparo,
nel pianto, conforto.
In labóre réquies,
in æstu tempéries,
in fletu solácium.
O luce beatissima,
invadi nell'intimo
il cuore dei tuoi fedeli.
O lux beatíssima,
reple cordis íntima
tuórum fidélium.
Senza la tua forza,
nulla è nell'uomo,
nulla senza colpa.
Sine tuo númine,
nihil est in hómine
nihil est innóxium.
Lava ciò che è sordido,
bagna ciò che è arido,
sana ciò che sanguina.
Lava quod est sórdidum,
riga quod est áridum,
sana quod est sáucium.

Piega ciò che è rigido,
scalda ciò che è gelido,
drizza ciò ch'è sviato.
Flecte quod est rígidum,
fove quod est frígidum,
rege quod est dévium.
Dona ai tuoi fedeli
che solo in te confidano
i tuoi santi doni.
Da tuis fidélibus,
in te confidéntibus,
sacrum septenárium.
Dona virtù e premio,
dona morte santa,
dona gioia eterna.
Da virtútis méritum,
da salútis éxitum,
da perénne gáudium.

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Esperienze vocazionali

Sono felice nel constatare che diversi ragazzi e ragazze che seguono il blog e che mi scrivono, in questi prossimi mesi estivi faranno esperienze vocazionali in diversi monasteri maschili e femminili, approfittando della pausa lavorativa o degli studi.
Credo che questa possibilità sia un gran dono che il Signore fa a ciascuno di loro e alla Chiesa intera, che ha sempre bisogno di figli e figlie votati al dono totale di sè, come strumenti di preghiera, intercessione e offerta al Signore che continua ad incontrare la nostra umanità.
Gli Ordini monastici, quelli che hanno conservato le loro peculiarità, senza niente concedere alle mode del tempo, hanno sempre catalizzato l'attenzione di molti giovani, anche in questi nostri tempi così difficili: per entrare in queste realtà religiose, in cui è richiesto di aderire senza indugi all'appello celeste del Maestro, ci vuole una motivazione radicale. Si tratta di abbandonare tutto, di mettere un "punto" e di ricominciare a scrivere la propria vita "a quattro mani" con il Signore Buono e di darsi una nuova dimensione, crata non più da soli, sulla base di un progetto che è solo nostro, ma in Sua Compagnia, facendo riferimento a un piano che è prima di tutto il Suo.
Innanzitutto la risposta ad una vocazione come questa è un bene per l'anima che la sta vivendo. Dalla sua realizzazione e dalla sua serenità dipende anche l'azione d'intercessione che sarà capace di fare. Una luce forte riesce a illuminare "tutti quelli che stanno nella casa", anche se è una luce che nessuno vede, perchè è racchiusa in luoghi che non si possono visitare.
Come comunità cristiana dobbiamo domandarci quanto preghiamo perchè nella Chiesa di oggi il Signore faccia udire la propria voce ad anime che, generosamente, accolgano il Suo invito a lasciare tutto e a scommettere su di Lui.
Siamo consapevoli che abbiamo bisogno di preghiera, oltre che di azione?
Siamo a conoscenza del fatto che una Chiesa non sostenuta dalla donazione di anime al Signore è una comunità alla quale manca qualche giuntura?
Oggi più che mai, chi oggi intende incamminarsi sulla via della totale consacrazione, ci chiede di essere esempi e terreno fertile per far germinare il seme che, con dolcezza, il Signore ha coperto nella terra del cuore.
Chiediamo a Gesù il dono di tante sante vocazioni, di giovani, uomini e donne disposte a rinnovarsi completamente, per essere non più "del" mondo, ma segni viventi "nel" mondo.
A lode di Cristo!
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lunedì 21 maggio 2012

Una Chiesa che celebra nella concretezza.


Il Signore ci chiama a guardare verso il Cielo.

Non lo fa genericamente a qualcuno che casualmente ascolta.
Lo fa nei confronti di noi che abbiamo scelto di seguirlo, ma che spesso siamo affascinati e rapiti da un innamoramento che ci spinge e ci comprime verso il basso.
L’Ascensione di Gesù indica il Cielo come obiettivo di tutto un percorso che siamo chiamati a vivere proprio adesso, in questi giorni che siamo vivendo qui nel mondo.
Ci sono troppi pensieri che affollano le nostre giornate? E’ probabile, ma spesso nascono da problemi originati da un eccessivo ripiegamento verso il basso.
Ci sono attrazioni che diventano fatali e che non ci consentono di battere le ali verso l’alto? E’ possibile, ma spesso nascono dall’aver assecondato anche una sola volta piccole tentazioni, che aprono vie e voragini che divorano la nostra attenzione e catalizzano i nostri sentimenti, trasformandoli spesso in pulsioni disordinate.

Il Signore ci chiama a guardare verso il cielo.
Il Suo corpo non è rimasto sulla terra, preda della decomposizione e della triste declinazione di ciò che la natura compie.
Col Suo corpo portato in alto, misticamente è stato portato lassù anche il mio, anche il tuo, caro lettore.
Ci credi? Ti fidi di Gesù? Io si.
Conosco poco del suo progetto, perché sono limitato, perché sono peccatore, ma mi fido. Grido dentro di me di voler aprire il mio cuore a questa sua azione, ma spesso sono io il primo intralcio ad ogni sua proposta.  

Il Signore ci chiama a guardare verso il cielo.
Lo chiede a noi Chiesa, assemblea e famiglia dei convocati.
Convocati a fare cosa? A trasformarci in una ulteriore grande associazione filantropica?
La mia e la tua carità verso gli altri vale a ben poco se non parto da Lui e non ritorno a Lui.
La mia e la tua carità verso gli altri vale a ben poco se ogni mio gesto di carità, anche immateriale, non parla di Lui a chi lo riceve.
La mia e la tua carità verso gli altri vale a ben poco se non mi incontro con Lui. Sarebbe solo un atto isolato o anche continuativo, buono per tamponare qualche bisogno del mondo. Ma non l’indicazione per trovare una via.

Il Signore ci chiama a guardare verso il cielo.
Ci chiede di incontrarlo dove adesso si trova. E’ vicino a noi in modo diffuso e dolcemente pervasivo, ma nella concretezza, non nell’idealità.
E’ nel fratello e nella sorella, nei piccoli, negli ultimi. E’ anche nel peccatore più incallito, per il quale ha sofferto e ha aperto la porta della salvezza.
Ma è prima di tutto in quello che Lui ha voluto che fosse il centro e l’epilogo aprente di tutto: la Sacra Liturgia, il momento alto, preparato proprio da Lui nei minimi particolari, perché divenisse non solo “bella occasione”, ma reale strumento di permanenza con noi, oltre il tempo, oltre le vicende, oltre tutto.

La Sacra Liturgia è il primo e il sublime mezzo nel quale incontriamo il Signore Buono. Non in un simbolo vuoto, limitato ad un significato magari culturale e o sentimentale.  Ma nella concretezza di un’azione celeste che si ripete, efficacemente, veramente, per me e per te. Cristo sale sulla croce, il sangue gronda, l’offerta è sempre quella, ma in quel momento – su quell’altare segno e simbolo di Lui – è lì nuovamente per me e per te che partecipiamo (e non assistiamo). L’azione celeste la scatena lui, ma con te e con me.
Ecco che la Liturgia diventa celebrazione del Mistero, nella bellezza, nella solenne sobrietà, nella gioia e nella consapevolezza che quell’incontro è Unico e Universale.
Se nella tua chiesa vi ritrovate in pochi, non ti sgomentare: Cristo compie ugualmente quel gesto Unico e Universale, perché anche in quel caso e in casi peggiori la Chiesa è lì. Lui è lì.

Il Signore ci chiama a guardare verso il cielo.
E a non trasformare questa misteriosa e stupenda esperienza di Chiesa che celebra in un banchetto dei ruoli e delle consolazioni umane; in un circo dei faccendieri e in una fiera delle abilità.
Ci chiama a collaborare alla costruzione di un Regno. Concreto anche questo. Un Regno che celebra e che quindi VIVE la sua Unica e al tempo stesso Infinita salita sulla croce, effusione di Sangue e Acqua, Pontificale che spalanca le porte verso il Totalmente Altro che racchiude in sé e che sprigiona in ogni istante.
A lode di Cristo!

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Il Giorno del Signore. Siamo in attesa del Suo Ritorno.

Carissimi lettori del blog,
Eccomi di nuovo qui dopo un periodo di intenso ritiro, durante questo bellissimo Tempo di Pasqua, che, vissuto nela calore e nell'azione celeste della Sacra Liturgia, ci dà la dimensione della vittoria di Cristo sulla morte. Una vittoria concreta, che si riverbera prima di tutto nella nostra interiorità, bisognosa di rinascere a nuova vita.
Non possiamo pretendere che il nostro corpo risorga, se prima di tutto non risorge lo spirito; uno spirito, la nostra interiorità personale e comunitaria, che abbiamo reso essenziale nei quaranta giorni di Quaresima e che abbiamo fatto gioire su una nuova base di consapevolezza nei successivi quaranta giorni in cui Gesù l'abbiamo incontrato dopo la Resurrezione.
Abbiamo fatto lo stesso percorso dei discepoli: con loro abbiamo vissuto la gioia progressiva della Resurrezione, fino al momento in cui Gesù torna al Padre: l'Ascensione.
E' forse la festa dell'addio?
No, assolutamente.
E' la festa del Dio-con-noi, che pervade con Amore la nostra realtà, oltre le barriere del fisico, del sensibile, per essere ovunque presenza concreta. E' un tratto stupendo di cattolicità, perchè dice "Io sono con voi tutti i giorni, fino alla fine del mondo". Quella fine che molti interpretano in modo errato e blasfemo, come catastrofe, morte, buio.
Qui fine significa intanto RITORNO DI CRISTO, che con la nostra preghiera speriamo ardentemente di anticipare. Significa anche CIELI NUOVI E TERRA NUOVA. Significa VITA, EQUILIBRIO, REDENZIONE.
Se la nostra preghiera non diventa concreta in questo senso, ma si piega solo su uno sterile atto per io nostro oggi o per un domani che vogliamo in un certo modo, siamo lontani dal progetto di Gesù.
Se la nostra orazione non fosse legata alla certezza del suo ritorno, siamo cristiani falsi e vuoti.
Nel "credo" diciamo: "E' salito al Cielo, siede alla destra del Padre E DI NUOVO VERRA' NELLA GLORIA, per giudicare i vivi e i morti e IL SUO REGNO NON AVRA' FINE...aspetto la resurrezione dei morti e la vita del mondo che verrà.


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domenica 29 aprile 2012

PREGARE PER LE VOCAZIONI. 29 aprile 2012

Oggi la Chiesa Cattolica vive la 49°ma giornata di preghiera per le vocazioni, alla luce del bellissimo brano di Vangelo che la Liturgia ci propone oggi, detto del "Buon Pastore".
La scelta non è certo casuale, Gesù si definisce in questo modo, cosciente che il pastore buono e saggio conosce le sue pecore, le sue pecore conoscono lui e che egli voglia soltanto il bene sia del gregge che di ogni singola creatura affidata alle sue cure.
La vocazione riguarda tutti, nessuno è "esente" da una chiamata e da una scelta. Oggi preghiamo particolarmente per quelle che toccano il cuore stesso della Chiesa e che, quindi, sono nel cuore di Dio.
Preghiamo perchè il Signore ci doni SANTI SACERDOTI, innamorati del loro ministero pastorale, del far vivere le loro comunità come comunità eucaristiche. Preghiamo anche per avere RELIGIOSI E RELIGIOSE innamorati di Dio, della sua continua ricerca, del colloquio intimo con lui e del farsi offerta perenne a beneficio di tutti gli uomini.
Chiediamo con insistenza al Signore di darci MONACI E MONACHE che rispecchino in se e nella loro vita la bellezza del coabitare perennemente con Gesù Buono, nel silenzio e nella solitudine, compagni fedeli e custodi coraggiosi di un incontro che dalla cella si promana ad ogni creatura che sta sotto il cielo.
Ma bisogna anche pregare per i genitori, perchè non siano ostacolo tra la chiamata che il Signore può rivolgere ai figli e la loro risposta; perchè l'amore egoistico, la paura o la tentazione di progettare sopra le teste dei propri figli e figlie non sia una tentazione troppo forte e perchè il diavolo non metta i genitori nella situazione di competere con l'Amore di Dio, che ha donato a loro la fecondità nel matrimonio.
E ricordiamoci, cari battezzati, che senza Eucarestia NON C'E' CHIESA, che non esiste una parrocchia, una comunità, un gruppo, un'aggregazione anche giovanile se non si fonda sulla realtà e sul modello dell'Eucarestia.
Non dimentichiamo mai che la Chiesa non è un'officina di sola azione, di progettie attività; è prima di tutto AZIONE CELESTE, che incontra la nostra piccola natura umana.
Abbiamo bisogno dei sacerdoti, dei religiosi e delle religiose, dei monaci e delle monache come dell'aria che respiriamo. Essi feriscono con amore il cuore di Dio e per tutti noi si fanno seme che sotto la terra muore, per portare frutto.
Essi non agiscono per se stessi, ma per il bene comune e dei singoli; lo fanno con lo stesso cuore di Gesù, squarciato dalla lancia di un mondo che spesso non capisce e ferisce: da quella ferita donano a tutti sangue ed acqua.
Questi uomini e queste donne spesso non vedranno i frutti delle loro azioni e della loro preghiera. Ma anche oggi viviamo spesso per la preghiera "di ieri" di tanti santi cristiani, spesso anonimi.
Rivolgiamo al Padre una preghiera speciale, piena di affetto, ammirazione e sostegno per tutti quei giovani e quelle giovani che studiano nei seminari, che sono in probandato in convento o in monastero e per tutti quelli che, sentendosi "solleticati" dalla voce del Signore, vogliono verificare con maturità e preghiera la loro vocazione.
Per tutti voi, cari ragazzi e ragazze, l'occhio del Signore ha un'attenzione particolare, comunque vada.
Chi è vocato, chi è chiamato ad uno speciale stato di vita, è nel cuore stesso di Dio, per farsi portatore/portatrice della Sua Presenza in questo mondo così distratto.
A lode di Cristo!
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martedì 10 aprile 2012

Dopo tutto... sei risorto anche tu

Dall'eremo auspico per tutti che la Pasqua di Nostro Signore abbia portato una ventata di vita e di speranza; perchè Lui, che è l'Autore della Vita, è vivo e presente nella sua Chiesa.
Noi monaci e noi eremiti in particolare, durante questa quaresima abbiamo osservato un periodo di rigido silenzio e distacco da tutto, perchè questo tempo santo non venisse banalizzato o trascorso con tiepidezza, ma valorizzato mettendo al centro l'esigenza fondamentale della nostra scelta di vita: cercare e vivere la realtà di Dio nel Silenzio, nella Solitudine e nella Preghiera, non solo a nostro beneficio, ma a vantaggio di tutti.
Gesù, risorto dai morti, non muore più.
Ma perchè ha dovuto passare tutta questa sofferenza, questa atrocità? Il Cristo non avrebbe potuto salvarci in altro modo? Dio non avrebbe potuto trovare una via alternativa? No.
In molti cadono in questo errore, gettando pesanti ombre sul Sacrificio Divino. Era la nostra carne, la nostra umanità a dover essere salvata. Non uno stato metafisico, non un'idea. Erano le passioni, i peccati, le ansie e le perverse inclinazioni a dover essere crocifisse. Nella carne dell'uomo Gesù c'è la nostra carne, nel concreto. In quei muscoli inchiodati ci sono tutte le nostre inclinazioni e le storture della nostra quotidiana realtà.
Ma quella carne inchiodata è anche risorta e in questo modo è stato valorizzato anche il nostro corpo (che è sacro) con tutto ciò che di buono può fare e rappresentare.
Auguro a ciascuno di voi di vivere questa realtà e vi consiglio di guardare il Crocifisso, ogni giorno un po' e di pregare pensando concretamente che con lui ci siete anche voi. Anche voi avete le Sue Stigmate, invisibili ma reali e siete stati con lui su quel legno; dopo un tradimento, un processo farsa, le frustate, gli sputi e la ridicola corona di spine... dopo un cammino doloroso, l'atto di pietà della Veronica, le cadute e le risate ironiche dei benpensanti.
Dopo le martellate atroci, il dolore, la madre che piange la sventura del figlio.
Dopo il buio, il velo squarciato, il terremoto.
Dopo il riconoscimento del centurione.
Dopo l'aceto e la lancia. Dopo il vento e il corpo calato a terra.
Dopo una frettolosa sepoltura, alla vigilia della Parasceve...
...sei risorto anche tu che mi stai leggendo ora.

A lode di Cristo.
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lunedì 5 marzo 2012

Il Giorno del Signore? Un decreto lo ha cancellato.

Non sono interessato ai temi politici, vivo la mia vita monastica lontano da questi clamori. Non me ne intendo nemmeno.
Ma quando le azioni di certi politici incrociano il DIRITTO DI DIO, forse è bene parlarne, farlo tutti, quanto meno prenderne coscienza.
Non stiamo assistendo solo ad un ribaltamento di valori, che mette al centro LA MERCE e non il rapporto Dio-Uomo.
L'attuale presidente del Consiglio dei Ministri Italiano, prof. Mario Monti, attraverso un codicillo ha ABOLITO IL GIORNO DEL SIGNORE, mettendo al centro la merce, l'apertura dei negozi, dei centri commerciali, cancellando il DIRITTO DI DIO, sancito quattromila anni fa, ratificato da Cristo; il Giorno del Signore - che ritma la vita civile di gran parte dei popoli dell'umanità (posto il fatto che anche in situazioni religiose diverse c'è sempre un giorno di festa) è stato cancellato con arrogaza da un decreto.
Donne e uomini costretti a lavorare, magari a non avere nemmeno un ritaglio da passare con i figli;
figli che crescono con bambinaie tecnologiche, mai avvezzi a rendere vera la rete familiare, a crescere con modelli in carne, ossa e anima.
Ma anche tanti uomini, donne, ragazzi, bambini INDOTTI ad andare a fare "shopping" (che brutto e altisonante termine!!! Compere...) perchè "la domenica nei negozi è bella". Anche a costo di sacrificare sull'altare dei soldi che non ci sono (nemmeno di domenica) il dialogo, il senso del riposo, del silenzio, della quiete, dell'equilibrio nei rapporti familiari; ma anche nei rapporti tra noi, le merci, le nostre brame.
Ma cosa succederà a questo popolo che, supinamente, accetta che il DIRITTO DEL SIGNORE sia cancellato sotto questo silenzio assordante? Dove sono i battezzati, figli di Dio, fatti a Sua Immagine, salvati con i chiodi sulla Croce? Dove sono i preti "innovatori"? Quelli che celebrano così come se fosse un mestiere, senza dare alla Domenica la sua caratura eucaristica? Dove sono quei politici che nelle improbabili campagne elettorali parlano di VALORI CATTOLICI? Quali valori? Il Giorno del Signore è un valore che non si tocca. Il DIRITTO DEL SIGNORE e il suo rispetto sono valori che non si toccano.
Col nostro SILENZIO COLPEVOLE stiamo contribuendo a formare un popolo di senza Dio, ignoranti della Salvezza, inconsapevoli di cosa succederà per non aver amato l'Amore secondo quanto da Lui stabilito. E a chi dirà che queste sono parole dure, dirò di rileggersi tutto il Vangelo, uno qualsiasi dei Quattro, ma di farlo tutto d'un fiato. E sentirà le Parole del Signore. Ma le legga con onesta, senza voler fare l'esegeta o il commentatore di turno di ciò che Cristo ha detto con chiarezza.
Preghiamo perchè non soccombiamo stupidamente a questo progetto di scardinare definitivamente Dio dal nostro popolo.

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Postilla sul digiuno

Per noi monaci il digiuno è una costante che accompagna diversi momenti durante tutto l'anno. Digiuniamo a pane e acqua ogni venerdì e, durante la Quaresima, anche il mercoledì. Negli altri giorni ci accontentiamo di un pasto abbondante intorno alle 11, ma alla sera, dopo i vespri, consumiamo una cena veramente frugale.
L'eventuale pesantezza del corpo non deve essere un impedimento all'abbraccio mistico con il Signore Buono.
D'altra parte il corpo non può dettare esigenze che impediscano di mettere al primo posto il colloquio e l'amicizia intima con Gesù, Maria Santissima, gli Angeli e i Santi.
Molti mi scrivono chiedendo una parola chiara sul significato del digiuno.
Molti digiunano ma non sanno perchè.
Il digiuno ha valore nella misura in cui Gesù lo ha circoscritto: non si digiuna con il viso rattristato, mostrando segni esteriori di sofferenza, incentivando lamentele e visibili lacerazioni interiori.
Si digiuna col sorriso sulle labbra, perchè siamo consapevoli che quella privazione è una grande opportunità. Dio non ha bisogno del nostro digiuno perchè gli manchi qualcosa o perchè si senta soddisfatto e dissetato dalla nostra personale piccola sofferenza.
Noi abbiamo biosogno del digiuno del corpo e Dio ci offre la possibilità di farlo per ritrovare equilibrio con Lui.
Proprio così. La nostra voracità materiale, i gesti che ci portano a "ingurgitare" tutto quello che ci va, non sono altro che il segno e l'espressione più radicata della nostra volontà di impossessarci di tutto. Il cibo è sostentamento, non siamo noi a dovergli correre dietro. Il corpo ha bisogno del cibo, ma il cibo non è il dio del corpo.
Il digiuno riequilibria queste due posizioni, rimettendo ordine tra il "noi-materia" (soma), il "noi-anima" (pneuma) e il "noi-psichè" (intelletto umano). Un ordine che dovrebbe portarci, gradualmente, ad elevare la nostra mente verso Dio, il nostro cuore a distaccarsi dalle piccole preoccupazioni materiali e la nostra coscienza a considerare attentamente il nostro stato di vita.
Il digiuno e la penitenza (quindi anche il digiuno di altre nostre tendenze) sono "il tempo favorevole" non per placare una divinità che tiene i conti dei nostri gesti; ma per riportarci nell'alveo della nostra vera natura umano/divina, in quanto originata da Dio, in quanto fatti a Sua immagine e somiglianza.
Digiunare e fare penitenza sgombra il campo da ciò che non serve.
Per questo Gesù dice con chiarezza che il digiuno degli ipocriti non serve.
Per questo Gesù chiede di accompagnare la penitenza e il digiuno con la gioia di chi sa che sta costruendo dentro di se il Regno ormai iniziato: "Il tempo è compiuto...".
Sforziamoci, fratelli e sorelle, di praticare la giustizia prima di tutto in noi e utilizziamo per questo le armi vittoriose della luce.
A lode di Cristo!
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mercoledì 22 febbraio 2012

Abbracciamo la penitenza. E' Quaresima.

Abbiamo bisogno, Signore, di rientrare in noi stessi.
Abbiamo bisogno di essere più riservati per dissiparci meno tra mille cose.
Abbiamo bisogno di limitare la nostra voracità materiale per incrementare quella del desiderio di Te.
Abbiamo bisogno di vedere meno e guardare di più.
Abbiamo bisogno di ginocchia forti per stare davanti al tuo tabernacolo e non di mani capienti per fare nostro tutto ciò che ci capita davanti.
Signore, ispiraci un buon utilizzo del tempo di questa Santa Quaresima. Dacci la forza per rendere più sobria la nostra vita, non per soffrire qualche mancanza, ma per farci riempire di te.
Dacci la consapevolezza forte che la penitenza non è uno strumento masochistico, ma è la ricerca di un rinnovato equilibrio tra la nostra vita fisica e quella interiore; tra la nostra realtà e la realtà della somiglianza a Te.
Signore, fai che sentiamo l'esigenza di vivere una dimensione di silenzio, anche se viviamo la vita del mondo; fa' che stiamo con i piedi per terra nel mondo per essere coscienti di non essere del mondo.
Apri i nostri orecchi perchè la tua parola entri e non esca mai più; e porti frutti abbondanti di vita nuova.
Fai che sentiamo i fratelli e le sorelle vicini non soltanto quando materialmente siamo con loro, ma soprattutto quando preghiamo per loro o al loro posto. Fai che sentiamo sulle nostre spalle il peso della condivisione mistica e della realtà sublime dell'essere vocati a diventare tuo popolo.
Nasca in ciascuno di noi, Signore, la sete per la Resurrezione, la visione di te, la vita del Paradiso. Nasca la sete per la Santa Liturgia, che anticipa e parla la lingua degli Angeli, degli Arcangeli, dei Troni e delle Dominazioni.
Nasca in noi il desiderio del Santo Deserto, nel quale, le anime fedeli alla consegna della fedeltà, porteranno al tempo opportuno i frutti sperati.
A lode di Cristo!
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sabato 18 febbraio 2012

Penitenza e purificazione.

Penitenza e purificazione.
Sono due parole quasi del tutto scomparse dal vocabolario comune.
La cosa peggiore e la più assurda è quando scompaiono dal vocabolario dei cristiani, chiamati alla gioia, alla speranza, ma anche a farsi tutta luce, tutta purezza, simili a Colui che li ha "chiamati dalle tenebre alla sua ammirabile luce".
La stessa Comunità Cristiana, la Chiesa di Cristo, ha bisogno di penitenza e purificazione; perchè il cammino verso la santità piena e l'adesione reale allo Sposo è costellato di passi falsi, tentazioni al potere ad essere e ad esserci non "per" la Storia, ma "nella" Storia, quasi ad essere arbitri in una partita del tutto temporale, non ancorata al Cielo.
Occorre che prima di tutto i Sacerdoti del Signore, i Vescovi (angeli delle Chiese, secondo l'Apocalisse) siano dita puntate verso il Cielo e non verso la terra o questo tempo ambiguo, in cui l'antico avversario, il nemico per eccellenza si sta scatenando come non mai, dividendo ciò che per sua natura dovrebbe essere unito, rendendo teso ciò che dovrebbe dar pace, facendo percepire come vuoto e senza senso ciò che dovrebbe parlare del Cielo e del fine ultimo della vita di noi tutti.
La penitenza non è un esercizio masochistico, un biglietto da visita per sentirsi dire che siamo bravi; è un necessario strumento, messo a disposizione dalla Provvidenza, per riportare equilibrio tra la nostra attuale condizione materiale e quella che lega la nostra anima a Dio. Spesso alcuni esercizi di penitenza ci paiono veramente assurdi; ma assurdo è voler ingurgitare tutto, avere tutto, andare ovunque, sapere tutto, parlare di tutto con tutti, dando libero sfogo alla lingua. La Regola di San Benedetto ci ammonisce - citando la Scrittura - e dicendo: "Nel molto parlare non si fugge il peccato".
La purificazione è un necessario stadio per essere veramente "immagine e somiglianza" di e con Dio. Un progetto iniziale (In Principio), voluto da Dio attraverso la Sua Parola.
Ma ... fratelli e sorelle... questi sono solo bei discorsi? Sono solo riflessioni, affascinanti quanto volete, ma pur sempre esercizi mentali?
No. Sono i due pilastri della nostra vita cristiana. Senza penitenza e tendenza verso la purificazione non c'è Chiesa che compia gesti di Santità, adesione alla Croce di Cristo, al Suo silenzio nel Sepolcro, alla Sua Santa Resurrezione. Non c'è Chiesa. C'è un "gruppo" di persone che vive non per fecondare la Storia, ma per essere protagonisti della Storia. E' questo il progetto di Gesù, la sua indicazione?
Preghiamo, fratelli e sorelle, perchè a ciascuno di noi nasca nel cuore il sentimento della più profonda umiltà. Ci conduca a fare penitenza, a riportare equilibrio tra il nostro corpo vorace e la nostra anima che tende al Cielo.
Preghiamo per i Vescovi (angeli delle Chiese), i Sacerdoti di Cristo, i Diaconi. Preghiamo perchè la Mamma del Cielo li prenda per mano e li faccia essere ogni giorno "profumo di Cristo", immagine di Lui, parole e gesti di salvezza per tutti.
A lode di Cristo!
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sabato 11 febbraio 2012

La verità di Lourdes.

Oggi, 11 febbraio, ricordiamo con viva gioia l'apparizione di Maria Santissima, Immacolata Concezione, a Bernadette, presso Lourdes.
La storia è nota; la Bella Signora si manifesta a questa ragazzina della provincia più estrema, di condizioni familiari non certo agiate e la stessa fanciulla - manifestando sinceramente ciò che le stava accadendo in quei giorni così intensi - vive il suo personale calvario tra l'incredulità e la derisione di molti.
La Bella Signora non rivela subito il suo nome, ma lo fa soltanto quando con devota insistenza Bernadette Le chiede di rivelare chi fosse. Probabilmente il cuore della ragazza già conosceva chi le stava di fronte e quello stesso cuore traboccò di gioia quando Maria Santissima Le disse di essere l'Immacolata Concezione. E' da quel momento che il candido stupore sul volto della ragazza si trasformò in trasfigurazione interiore e lacrime di indicibile felicità celeste.
Ciò che colpisce nelle apparizioni di Lourdes è l'assoluta umiltà di Maria Santissima, che pare pronunciare le parole "Immacolata Concezione" con l'assoluta consapevolezza della totalità della Grazia che l'aveva toccata fin dall'inizio; un modo di fare umile, pacato, fatto di poche parole e di gesti profondamente riconoscenti a quel Figlio di cui (per dirla con Dante) Ella è sia Madre che Figlia.
L'altro lato che ci fa ammirare con bellezza estrema questo tocco del Cielo sulla terra è il fatto che per Bernadette tutto cambiò: cambiò il suo cuore, certamente, ma anche la percezione della sua stessa vita quotidiana, che non poteva certamente essere più quella di prima. Forse, come tutte le ragazze, prima degli eventi di cui fu destinataria, aveva fantasticato sul suo futuro. Adesso tutto quello che le era accaduto non era più contenibile nei limiti di una vita nel mondo; sentiva il profondo bisogno di consacrarsi a quel Dio che le aveva concesso il privilegio di vedere e sentire la Mamma del Cielo. La sua testimonianza nel mondo risuonò ancora più forte con il perpetuo gesto di "aprire" la sua vita al Signore e alla Chiesa dietro le grate della stretta clausura monastica. Un gesto di donazione, ma anche di profonda umilità, così come di consapevolezza che Dio riempie i vasi che si svuotano, modella la creta che si fa morbida, illumina chi prima si apparta nel buio della solitudine e fa risuonare il cembalo che innanzitutto fa silenzio...
L'atteggiamento di Bernadette ci parla della verità di Lourdes. E' prima di tutto lei ad essere stata cambiata, desiderata da Dio come sua destinataria di un messaggio importante, ma anche come sposa nella vita religiosa.
Preghiamo quindi il Signore, perchè per l'intercessione di Maria Santissima ci faccia scoprire i segni della Sua Presenza nel mondo e nella storia, attenti a non confondere il sensazionalismo con la dolcezza di un tocco celeste che riverbera necessariamente nel silenzio e nell'umiltà.
Preghiamo Maria Santissima perchè guidi ogni nostra azione e sia vicina a coloro che hanno bisogno di sostegno e conforto, soprattutto nell'ora della prova.
A lode di Cristo!
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venerdì 3 febbraio 2012

Abbiamo bisogno di loro.

"...E volgendosi ai discepli, in disparte, disse: "Beati gli occhi che vedono ciò che voi vedete. Vi dico che molti profei e re hanno desiderato vedere ciò che voi vedete, ma non lo videro, e udire ciò che voi udite, ma non l'udirono".
E' proprio vero, cari fratelli e sorelle: noi che siamo discepoli del Signore per Grazie a per fede, siamo beati, perchè i nostri occhi possono contemplare la Sua Misericordia e i nostri orecchi udire la Sua Parola. Ma non solo: le nostre mani possono diventare le sue, la nostra bocca pure, i nostri piedi anche. Questo quando nel mondo che viviamo, intendiamo rendere presente ed efficace il Suo Santo Vangelo attraverso la nostra azione. Che non sempre dev'essere azione palese.
Ieri era la Festa della Presentazione al Tempio di Gesù, la cosiddetta Candelora. Giorno tradizionalmente dedicato alla preghiera per le persone che vivono una particolare consacrazione al Signore, quindi anche di noi monaci ed eremiti. La luce, questo segno bellissimo della presenza e della costanza da alimentare continuamente, contraddistingue la nostra presenza anonima nel mondo.
Ad un tale personaggio famoso della Chiesa istituzionale fu chiesto se i tempi di oggi hanno più bisogno di azione o di preghiera e contemplazione. Ed egli - uomo di azione energica, testimone e viaggiatore instancabile - rispose senza pensarci su: "Di preghiera, di profonda preghiera", perchè niente sta in piedi delle nostre azioni, se non è sostenuto dalla preghiera.
E la sua riflessione continuava dicendo che egli stesso si sentiva entusiasta della sua azione, spesso veramente molto impegnativa, proprio perchè sentiva di essere "spalleggiato" da questo esercito silenzioso, pacifico e anonimo di consacrati, di monaci, eremiti, frati, monache, suore, persone dedicate esclusivamente all'orazione e alla ricerca di Dio. Essi sono le armi della Chiesa, della Cristianità; uomini e donne che hanno immolato e immolano la propria vita rinunciando a tutto, per vivere in un deserto di pace, silenzio e solitudine a beneficio di tutti, in unione con tutti; con le madri e i padri, con i lavoratori, con gli anziani e i malati, con i sogni dei giovani. Tutti hanno bisogno della loro preghiera e delle loro lampade accese.
Beati coloro che vedono, beati coloro che sentono. Beati coloro che vivono la propria azione nel mondo consapevoli del valore e del bisogno dell'orazione e della contemplazione.
Non possiamo fare a meno delle anime oranti, dei luoghi santi ove essi abitano. Non possiamo pensare ad una chiesa fatta solo di mani che lavorano, senza cuori tesi a Dio, a portarlo nel nostro tempo incessantemente.
Per tutti i consacrati sia un ricordo nella nostra preghiera.
A lode di Cristo!
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