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lunedì 18 giugno 2012

L'inferno è anche perdere tempo nello scegliere.

Il post che ho pubblicato ieri sulla scelta, polarizzato particolarmente su due pilastri di un certo ideale monastico (Silenzio e Solitudine), da concepire nella loro giusta accezione, ha mosso molti a scrivermi per chiedere indicazioni circa esperienze vocazionali; questa è una grazia di Dio, perchè ci sono ancora tanti giovani che desiderano interrogarsi assieme al Signore sul loro futuro stato di vita.

Ma quello che mi ha colpito maggiormente è stato ricevere tante e tante mail da persone che, arrivate ad una certa età, si sono rammaricate con tristezza, angoscia e frustrazione per non aver risposto in tempo all'invito del Maestro a seguirli e a vivere con Lui, per Lui solo.
Progetti di vita che sono stati stroncati dai continui rimandi perchè è mancato il coraggio di tuffarsi pienamente nell'abisso di Dio; o da genitori "disperati" per la "perdita" di un figlio o una figlia dietro una scelta così "assurda"; o da situazioni che non si è stati capaci di governare.
Tutte queste persone, arrivate a soglie di età ove non è più possibile scegliere di entrare in monastero, sono disperate e ricordano con triste nostalgia il tempo in cui potevano lanciarsi in questa bellissima avventura.

Vorrei dire alcune cose al riguardo.
- Gettarsi nell'abisso di Dio non è un'avventura fatta da incoscienti; per chi ha fede, Dio è un Padre Buono che vuole solo il bene dei suoi figli. Affidarsi, gettarsi nel suo Tu non significa "rischiare", secondo i parametri umani, ma affidarsi con atteggiamento di bimbo alle sue cure, che non mancano mai, nella concretezza della vita.
- Il Signore non obbliga nessuno a seguirlo lungo una strada, piuttosto che un'altra. Interiormente e attraverso i segni tangibili della vita ci fa percepire cosa sia meglio per noi; il Suo progetto è anche nostro ed è fatto sulla nostra persona, sulla nostra anima. E' un progetto unico, irripetibile, personalizzato, che è per il nostro bene. Nella vita è possibile fare altre scelte, ma parlando chairamente, non saranno mai così buone per noi come il progetto che Dio ha fatto, ma che non impone.
- Purtroppo ragioniamo utilizzando categorie comuni, diventate ormai normali, ma che nascono dalla visione solo orizzontale della vita: genitori che si disperano per la "perdita" di un figlio, di una figlia che entrano in convento, in monastero, in seminario o che vanno in missione. Magari genitori "cattolici", che vanno a Messa; che hanno mandato i figli a catechismo, che gli hanno fatto fare Prima Comunione e Cresima; che si accostano alla Confessione... che quando arriva la benedizione delle famiglie lustrano la casa e fanno una bella offera al parroco... Ma dov'è l'adesione al Vangelo? Dov'è la fede? E' paradossale dirsi cristiani e considerare "perso" un figlio che sceglie il Signore. Dove sono state messe quelle indimenticabili pagine del Vangelo dove il Signore, a più riprese, chiama i suoi in disparte per ammirare la Sua Gloria, o dove chiede al giovane ricco di seguirlo per entrare nella "perfezione" concepita da Dio? E potremmo continuare. Questi genitori così particolari, operando in questo modo, assecondano non solo un istinto puramente egoista, ma tramite questo facilitano l'azione del demonio, che vuole proprio questo. Cosa deve fare un figlio o una figlia? Fermarsi al giudizio restrittivo di questi genitori? Li consiglio di affidarsi ad un santo sacerdote, meglio se un religioso; di non parlare mai con nessuno della propria vocazione finchè non ci sia certezza e di progettare la crescita vocazione e l'adesione ad un particolare stato di vita con discrezione, senza fare dannosa pubblicità.
- Con questo non voglio assolutamente dire che il matrimonio sia una scelta secondaria per importanza. Anzi, tutt'altro. Anch'essa è una vocazione che Dio scrive nel cuore e nella sensibilità di molti. Ma quando diventa un ripiego per una vita destinata ad altro, spesso diventa un calvario insopportabile, con conseguenze spesso non felici.
- Per pensare a cosa fare è necessario prima di tutto fare luce su se stessi, pregare e "rientrare" dentro il proprio cuore. Quello è il luogo privilegiato dell'incontro con Dio che parla, non altre situazioni; non vi affidate a un'ipotetico domani. Perchè di domani in domani il tempo passa e sopraggiunge come una tragedia l'età in cui non è più possibile realizzare niente di concreto, se non situazioni palliative.
Preghiamo, fratelli. Sempre.
Ma prendiamo anche il coraggio a due mani. Il Signore "vuole il cuore giovane per renderlo tale da non farlo invecchiare mai".
A lode di Cristo!
Pax.

Per contattare il curatore del blog, scrivere a: clausura@hotmail.it