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martedì 17 gennaio 2012

A cosa servi, povero monaco...


Oggi, la Santa Liturgia, ci invita a ricordare nella preghiera e nel Memoriale dell'Eucarestia Sant'Antonio Abate, Padre del Monachesimo, che nel terzo secolo (ancora all'alba del Cristianesimo) decise di disfarsi di tutti i suoi beni e di ritirarsi nel deserto, per cominciare una vita di penitente e contemplativo.
Molti di noi lo conoscono come protettore degli animali; nelle stalle di molti allevatori e contadini si vede qualche sua immagine impolverata, messa in qualche angolo, a difesa e protezione di coloro che gli sono affidati dalla tradizione e dalla preghiera popolare.
La sua memoria liturgica, però, c'invita a fare una riflessione assai più profonda sul senso e l'utilità oggi del monaco, dell'eremita, dei monasteri.
In pieno Medioevo e già prima, con la loro fondazione in Occidente, i Monasteri non furono solo centri di preghiera, ma anche validissimi strumenti di promozione sociale: non dimentichiamo l'opera di bonifica delle paludi, la diffusione delle tecniche agricole e di allevamento, l'alfabetizzazione di molte popolazioni, la conservazione, la produzione, la diffusione della cultura classica e latina... Certo, queste sono pietre miliari, grazie alle quali possiamo dire che è nata l'Europa, quella che oggi viene tanto sbandierata come un """successo""" dell'economia e della politica... L'Europa è nata con i Monaci di Benedetto, autori dei primi e fondamentali legami culturali e religiosi di popoli così diversi tra loro (come anche oggi, giustamente, mantengono le loro peculiarità), ma uniti da denominatori comuni che sono nati dal sacrificio (anche della propria vita) di molti monaci. Ai monasteri si guardava come a baluardi della cultura, della difesa anche estrema, di carità e di ospitalità; a centri in cui l'armonia dettata dai ritmi della preghiera si riverberava anche nella proposta sociale di un'umanità elevata dalle misere condizioni in cui viveva (pensiamo ai popoli barbarici e alle vaste popolazioni dei contadi italici). I monasteri sorsero in ogni dove e, attorno a loro, nacquero villaggi di contadini, artigiani e mercanti; vennero erette importanti scuole, molte delle quali si trasformarono in prestigiose università, qualcuna ancora oggi esistente e funzionante, particolarmente nel Nord Europa.
Il monachesimo occidentale affondò le proprie radici nella tradizione che vide come padre S. Antonio Abate e anche S. Atanasio, trasferendo verso le nostre latitudini la necessità di stare in disparte  con il Signore, nella quiete con Lui e di riposare ascoltando - come Maria, sorella di Marta - le parole del Maestro in un itinerario di contemplazione. Il Monaco trasse e trae tutt'oggi la sua forza proprio da questo continuo esercizio di elevazione verso Dio; non può fingere nella sua vita, non può vestire l'abito monastico (e ancor di più quello monastico-eremitico) e poi condurre una vita da laico... perderebbe di senso, impazzirebbe in un contesto che non potrebbe sopportare nemmeno per mezza giornata. Essere stati chiamati a diventare monaci o monaci eremiti non significa aver soddisfatto alla propria vocazione; questo è solo l'inizio di un faticoso e al tempo stesso sublime percorso di discernimento, spoliazione dal proprio IO e dal proprio egoismo, purificazione, penitenza e innalzamento verso il Cuore stesso di Cristo, unica cella sicura del monaco.
Oggi a cosa servono i monaci, i monasteri, gli eremiti? Quale terreno paludoso c'è da bonificare? Quale tecnica di coltivazione non è conosciuta? Quale sapere rischia di essere disperso dalle orde barbariche dei nostri tempi? Quale lettura e scrittura dev'essere diffusa e proposta come veicolo di comunicazione? Credo che queste domande, che sottendono a qualcosa di non materiale, abbiano già in se la loro risposta... Le paludi esistono, sono le situazioni in cui oggi molti si impantanano e costruiscono le proprie "dimore stabili", illudendosi di essere "arrivati"... Non sappiamo più coltivare la carità cristiana, il senso comune della fraternità, il bisogno di elevarsi dalle "quattro cose" che riteniamo fondamentali (ignorando, o peggio, tralasciando volontariamente tutto ciò che qualifica il nostro essere "simili a Dio"); rischiamo di perdere duemila anni di Sacrificio di Cristo, tradotti in preghiera, Vangelo, buona Tradizione cristiana, di arte, identità. E perchè li stiamo perdendo? Perchè tutto va bene, tutto è lecito, tutto ha libera cittadinanza: illusione satanica dei nostri tempi! E' necessario ricominciare a leggere e a scrivere sulle righe di Dio, nella consapevolezza che soltanto mettendo Lui nel conto della nostra vita possiamo realizzare pienamente il nostro Uomo interiore ed esteriore: perchè tutto è buono e santo, anima e corpo.
Ecco perchè, ancora oggi, i monasteri sono luoghi privilegiati di questo incontro: nella loro solitudine e nel doveroso anonimato dei monaci, tra vecchie e nuove mura, tra vocazioni che grazie a Dio ci sono, ma sono meno note delle altre, continuano a tessere questa tela di relazione tra il nostro vecchio mondo e un Dio sempre dinamico che vuole esaltare la gioventù del cuore ad ogni età.
Preghiamo S. Antonio Abate, perchè protegga tutti i monaci e tutti gli eremiti, sostenendo il loro grande impegno a favore di questa umanità spesso senza bussola, che si autoaffida ad economia, finanza, politica, gioco, sorti varie, magia, falsità, edonismo... credendo di essere progredita verso "valori civili" che la stanno abbattendo a grosse accettate sul fusto della sua pianta.
A lode di Cristo!


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